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Come in un episodio di Black Mirror: streamer francese muore dopo 12 giorni di torture in diretta

Raphaël Graven, noto come Jean Pormanove, seviziato davanti a migliaia di spettatori su Kick

Raphaël Graven

Raphaël Graven

Il mondo dei social è scosso da una tragedia senza precedenti. Jean Pormanove, nome d’arte del 46enne francese Raphaël Graven, è morto durante una diretta streaming di oltre 298 ore, trasmessa sulla piattaforma australiana Kick e seguita da migliaia di spettatori. L’uomo, ex militare e volto noto per le sue sfide estreme, ha perso la vita nella notte tra domenica e lunedì 18 agosto 2025 in un appartamento di Contes, vicino a Nizza, mentre subiva violenze e umiliazioni da parte di altri streamer.

La diretta, durata quasi 12 giorni consecutivi, mostrava Graven sottoposto a sevizie sempre più pesanti: colpi violenti, strangolamenti, spruzzi di vernice sul corpo, privazione di sonno, ingestione di sostanze tossiche. I filmati pubblicati su X documentano il coinvolgimento di due figure note con gli pseudonimi di Naruto e Safine, presenti con lui la notte della tragedia. In alcune clip si vede lo streamer tentare di resistere a prove disumane, fino al momento in cui ha perso conoscenza. «Naruto» ha provato invano a rianimarlo, prima di interrompere bruscamente la trasmissione.

La procura di Nizza ha aperto un’inchiesta per fare luce su quanto accaduto. L’indagine è orientata a stabilire se Graven si fosse sottoposto volontariamente a queste violenze o se fosse stato costretto, e a chiarire le cause effettive del decesso. È stata disposta l’autopsia, mentre l’accusa parla di “atti violenti deliberati” contro una persona vulnerabile trasmessi in rete.

In Francia l’episodio ha sollevato polemiche feroci. La ministra per il Digitale Clara Chappaz ha definito la vicenda «un orrore assoluto», ricordando che lo streamer era stato umiliato pubblicamente per mesi e che le piattaforme hanno responsabilità precise nel bloccare contenuti di questo genere. Il tema è delicato: Kick, nata nel 2022 e finanziata dai fondatori del colosso del gioco d’azzardo Stake, ha costruito parte della sua popolarità proprio sulla moderazione più permissiva rispetto a concorrenti come Twitch, trattenendo soltanto il 5% delle donazioni degli utenti contro il 30-50% delle altre piattaforme.

La morte di Jean Pormanove non è un episodio isolato, ma un punto estremo di una tendenza che da anni solleva allarme: il cosiddetto trash streaming, format nato in Russia e in Polonia in cui i protagonisti accettano di subire o infliggere atti degradanti e violenti per attirare spettatori e donazioni. Lo stesso Le Monde aveva descritto Graven come vittima abituale di maltrattamenti, spesso in coppia con un altro uomo disabile conosciuto come «Coudoux». Già a dicembre, un’inchiesta di Mediapart aveva denunciato il “business dell’umiliazione” che lo coinvolgeva, ma senza conseguenze concrete.

Alla fine della diretta fatale, il contatore delle donazioni segnava circa 36 mila euro raccolti dai follower, cifra che racconta l’altra faccia di questa vicenda: la complicità di un pubblico disposto a pagare pur di spingere i protagonisti oltre ogni limite. Proprio questo aspetto viene messo in evidenza da sociologi e ricercatori che da tempo studiano il fenomeno: lo spettatore non è solo passivo, ma un motore attivo delle violenze.

Il caso ha avuto eco internazionale, con artisti e streamer noti come Drake e Adin Ross che si sono offerti di sostenere le spese del funerale. Ma resta intatto lo scandalo politico e sociale: come sia stato possibile che un uomo venisse seviziato per giorni davanti a migliaia di persone senza che nessuno fermasse la trasmissione.

L’orrore consumato davanti alle telecamere, tra applausi virtuali e donazioni, ha reso evidente un vuoto normativo e di controllo che ora le autorità francesi – e non solo – non potranno più ignorare.

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