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Cronaca
06 Agosto 2025 - 11:47
Falsi ‘Made in Italy’, 50mila euro di merce bloccata in dogana
Maglioni taroccati, spacciati per italiani. Quattromila pezzi, tutti con etichette che richiamavano l’Italia: Made in Italy, Designed in Italy, bandiere tricolori, nomi come Roma, Firenze, Viareggio, Bologna, Milano, Genova. Peccato che arrivassero dalla Tunisia. E che, di italiano, non avessero nemmeno un filo.
Il blitz è scattato ad Alessandria, dove i funzionari dell’Ufficio delle Dogane hanno sequestrato capi d’abbigliamento per un valore commerciale che supera i 50.000 euro. Tutto nasce da una segnalazione di “anomalia” partita dal Circuito Doganale di Controllo. Da lì sono scattate le verifiche incrociate: documenti, banche dati e controllo fisico della merce. Il risultato? Un pacco truccato.
I maglioni erano pieni zeppi di false o fallaci indicazioni di origine. Alcuni riportavano Made in Italy in bella vista, altri sfruttavano formule ambigue come Italian Style, Italian Experience, o immagini ammiccanti con bandiere italiane, statunitensi e giapponesi. Un classico caso di italian sounding, il trucco commerciale per vendere un prodotto straniero come se fosse figlio della nostra manifattura.
I funzionari ADM hanno messo tutto nero su bianco: la merce non riportava nessuna indicazione corretta di origine extra-UE. Un inganno pericoloso, che può trarre in errore chi compra pensando di portarsi a casa un prodotto italiano di qualità.
A fare chiarezza c’è la legge: la falsa indicazione è una bugia secca, scrivere Made in Italy su un capo tunisino. La fallace indicazione, invece, è più subdola: sfrutta richiami visivi, nomi, immagini e suggestioni per far credere qualcosa che non è. E spesso funziona.
“L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli è in prima linea nella lotta alla contraffazione” – fanno sapere da ADM – “e nella difesa del Made in Italy e dei consumatori”. Ma qui c’è di più: è una questione di identità, di economia reale, di tutela del lavoro vero contro chi gioca sporco.
Il sequestro è solo l’ultimo di una lunga serie. La guerra all’italian sounding è ancora aperta. E chi pensa di farla franca, vendendo maglioni tunisini mascherati da tricolore, ora sa che può finire male.
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