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Cronaca

Falsi ‘Made in Italy’, 50mila euro di merce bloccata in dogana

Erano 4mila, arrivavano dalla Tunisia e avevano etichette con scritte italiane

Falsi ‘Made in Italy’, 50mila euro di merce bloccata in dogana

Falsi ‘Made in Italy’, 50mila euro di merce bloccata in dogana

Maglioni taroccati, spacciati per italiani. Quattromila pezzi, tutti con etichette che richiamavano l’Italia: Made in Italy, Designed in Italy, bandiere tricolori, nomi come Roma, Firenze, Viareggio, Bologna, Milano, Genova. Peccato che arrivassero dalla Tunisia. E che, di italiano, non avessero nemmeno un filo.

Il blitz è scattato ad Alessandria, dove i funzionari dell’Ufficio delle Dogane hanno sequestrato capi d’abbigliamento per un valore commerciale che supera i 50.000 euro. Tutto nasce da una segnalazione di “anomalia” partita dal Circuito Doganale di Controllo. Da lì sono scattate le verifiche incrociate: documenti, banche dati e controllo fisico della merce. Il risultato? Un pacco truccato.

I maglioni erano pieni zeppi di false o fallaci indicazioni di origine. Alcuni riportavano Made in Italy in bella vista, altri sfruttavano formule ambigue come Italian Style, Italian Experience, o immagini ammiccanti con bandiere italiane, statunitensi e giapponesi. Un classico caso di italian sounding, il trucco commerciale per vendere un prodotto straniero come se fosse figlio della nostra manifattura.

I funzionari ADM hanno messo tutto nero su bianco: la merce non riportava nessuna indicazione corretta di origine extra-UE. Un inganno pericoloso, che può trarre in errore chi compra pensando di portarsi a casa un prodotto italiano di qualità.

A fare chiarezza c’è la legge: la falsa indicazione è una bugia secca, scrivere Made in Italy su un capo tunisino. La fallace indicazione, invece, è più subdola: sfrutta richiami visivi, nomi, immagini e suggestioni per far credere qualcosa che non è. E spesso funziona.

“L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli è in prima linea nella lotta alla contraffazione” – fanno sapere da ADM – “e nella difesa del Made in Italy e dei consumatori”. Ma qui c’è di più: è una questione di identità, di economia reale, di tutela del lavoro vero contro chi gioca sporco.

Il sequestro è solo l’ultimo di una lunga serie. La guerra all’italian sounding è ancora aperta. E chi pensa di farla franca, vendendo maglioni tunisini mascherati da tricolore, ora sa che può finire male.

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