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Cronaca
22 Luglio 2025 - 22:12
Valerio Minato
Ci sono fotografi e poi c’è Valerio Minato. Quelli che sanno premere un tasto e quelli che sanno aspettare anni per catturare l’attimo perfetto. Quelli che rincorrono la luce e quelli che la studiano, la prevedono, la immaginano. E poi, appunto, c’è lui: laurea in Scienze Forestali e Ambientali, un amore profondo per la natura, per il cielo e per la bellezza che solo l’occhio umano – se allenato – riesce a vedere prima ancora di uno scatto. Un fotografo rigoroso e visionario, capace di unire la scienza alla poesia. Uno che non si accontenta di scattare: racconta, studia, progetta. Un artista dell’attesa, della precisione, della meraviglia.
È l’uomo che ha incantato la NASA con il celebre scatto del Monviso, la Luna e la Basilica di Superga perfettamente allineati. Un allineamento durato pochi istanti, atteso per sei anni, e premiato come Astronomy Picture of the Day. Ed è sempre lui che, a inizio 2025, si è visto riconoscere per la seconda volta lo stesso onore, grazie a un’immagine che ritrae un quadruplice allineamento tra la Sacra di San Michele, Superga, la Luna e un aereo di passaggio. Non è un caso: Valerio Minato è considerato oggi uno dei più straordinari fotografi italiani specializzati in paesaggi astronomici. Torino, le Alpi, il cielo notturno, la neve, il Moncenisio, le lucciole nei boschi: tutto entra nel suo obiettivo con una forza evocativa che lascia senza fiato.
Ma questa volta non è la bellezza a fare notizia. È la violenza. Perché Valerio Minato, dopo aver pubblicato un video che mostra la rotazione terrestre, si è trovato travolto da un’ondata di odio sui social. Commenti offensivi, deliri terrapiattisti, insulti personali, minacce nemmeno troppo velate. Il tutto per un reel realizzato in occasione del solstizio d’estate dal Colle del Moncenisio, con una tecnica impeccabile: un astroinseguitore, tre ore di riprese, le stelle ferme e il paesaggio che si muove. Una rappresentazione concreta e visiva della rotazione del nostro pianeta. Uno spettacolo scientifico e artistico insieme. Ma anche, a quanto pare, una miccia accesa nel mondo del complottismo.
Sotto quel video, pubblicato su Facebook e Instagram, si è scatenato l’inferno. Minato è stato preso di mira da chi nega l’evidenza, da chi vede manipolazioni ovunque, da chi lo accusa di essere una “pecora del sistema”. Qualcuno si è spinto oltre. Molto oltre. “Mongoloide mononeurale”, “ti viene un infarto”, “riposa in pace”, “ci vediamo al tuo funerale”: sono solo alcune delle frasi ricevute. Ed è proprio per queste parole che Valerio ha detto basta. E ha denunciato.
Lo ha fatto pubblicamente, con un post su Instagram che è un manifesto di civiltà:
“Oggi, come avevo annunciato, ho sporto denuncia presso la Polizia Postale. Il motivo? I commenti ricevuti su Facebook sotto il Reel sulla rotazione terrestre. Tra questi, c’erano anche auguri di ‘corta vita’ e altre simpaticissime frasi. Sì, avete letto bene.”
E poi:
“Perché è ora di dare un segnale chiaro: sui social non si può scrivere tutto quello che si vuole impunemente, soprattutto quando si superano certi limiti, come l’odio, le minacce, la violenza verbale. Chi insulta, minaccia eccetera, deve prendersi la responsabilità delle proprie parole.”
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Non è solo una questione personale. Minato lo sottolinea più volte:
“Questo gesto non è solo per me. È per tutte e tutti coloro che ogni giorno subiscono attacchi, offese, umiliazioni online e spesso tacciono per paura, stanchezza o sfiducia. Non fate passare. Non accettate. Denunciate. Farlo è un atto di tutela, ma anche un messaggio forte: il rispetto non è un optional, nemmeno su Internet.”
Minato non cerca vendetta. Non vuole arresti, condanne esemplari o risarcimenti. Vuole solo che si sappia: non si può insultare impunemente. Non si può distruggere, vilipendere, umiliare e poi nascondersi dietro a un nickname.Anche su Facebook esiste un confine. Quello tra libertà di parola e violenza. E se non lo riconosci, qualcun altro deve farti notare che l’hai superato.
In questi anni, Valerio Minato ha documentato la danza delle lucciole nei boschi del Piemonte, ha immortalato cuccioli di volpe al crepuscolo, ha catturato eclissi, lune rosse, nebbie che accarezzano le montagne, tramonti che sembrano quadri. E ogni volta, come lui stesso ha raccontato in più occasioni, c’è chi commenta con sospetto, chi insinua, chi insulta. Ma stavolta è andata oltre. Una battuta ironica, una faccina sorridente sotto un commento simpatico, ha scatenato una vera escalation. Prima le emoji inquietanti: mascherine, siringhe, sedie a rotelle. Poi gli insulti. Infine la frase più agghiacciante: “Ci vediamo al tuo funerale”.
“Non è una semplice minaccia. È qualcosa che mi ha colpito emotivamente. Ho le spalle larghe, ma lì ho sentito il bisogno di fermarmi. Di dire basta. Così ho fatto screenshot, pubblicato le storie e deciso di denunciare.”
Un gesto sobrio, ma potentissimo. Perché chi si occupa di bellezza non dovrebbe mai essere costretto a difendersi dalla brutalità. E invece accade. Accade sempre più spesso.
Valerio Minato è la prova vivente che la fotografia è ancora capace di cambiare lo sguardo, di aprire varchi di consapevolezza, di raccontare la realtà senza bisogno di filtri. Ma anche che, in un mondo in cui l’ignoranza è spesso più veloce della luce, chi racconta la verità deve spesso fare i conti con l’odio.
E allora ben venga questa denuncia. Non per vendetta. Ma per dignità. E perché tutti, la prossima volta che insultano qualcuno da dietro uno schermo, sappiano che c’è un limite. E che quel limite, finalmente, qualcuno ha trovato il coraggio di segnare. Con la stessa precisione con cui Valerio Minato traccia le sue coordinate celesti. Con la stessa cura con cui, da anni, ci mostra che la Terra gira. Anche quando qualcuno preferisce restare fermo, nel buio.
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