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Cronaca
21 Luglio 2025 - 14:54
Marco Massola
C'è un momento esatto, preciso, in cui il silenzio della montagna si rompe. È quello in cui una voce arriva dalla radio del campo base e dice: "È fuori. È vivo." Dopo ore vissute col fiato sospeso, è quello l'istante in cui la tensione crolla, le spalle si abbassano, il cuore riparte.
Marco Massola, 62 anni, speleologo di Barbania e figura di riferimento nel mondo sotterraneo piemontese, è stato estratto vivo nella tarda mattinata di lunedì 22 luglio dall’Abisso Paperino, una delle cavità più impegnative e severe dell’arco alpino, incastonata tra le rocce dell’Alpe degli Stanti, in alta Val Tanaro, sopra Ormea, in provincia di Cuneo.
Era entrato domenica con alcuni compagni per esplorare nuovi rami della grotta – una spedizione che per lui, presidente del gruppo speleologico Explora del CAI di Lanzo Torinese e impiegato alla Suzuki di Robassomero, rappresentava l’ennesima sfida affrontata con passione e competenza. Ma una volta all'interno, una scarica improvvisa di rocce lo ha colpito alla testa, lasciandolo immobile ma cosciente, con un trauma cranico. Il casco protettivo gli ha salvato la vita, evitando danni peggiori. Il suo corpo è rimasto bloccato tra le strettoie della grotta, impossibilitato a muoversi.
Il primo allarme è partito immediatamente. I compagni hanno lasciato l'ipogeo e chiamato il Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS). È da lì che ha avuto inizio una delle più impegnative operazioni di recupero degli ultimi anni. Una corsa contro il tempo in condizioni estreme, in uno dei contesti più ostili per il soccorso umano: l’ambiente ipogeo verticale, con strettoie, meandri, dislivelli, umidità, buio assoluto.
Domenica pomeriggio, una squadra tecnica e un sanitario del CNSAS hanno raggiunto Massola nel punto dell’incidente. Lì, a 40 metri sotto la superficie, è stata allestita una tenda riscaldata per proteggerlo dall’ipotermia e permettere le prime cure. Da quel momento, l’uomo è rimasto sotto monitoraggio costante, assistito da personale medico specializzato nel soccorso sanitario in ambienti sotterranei. Il punto è stato raggiunto anche da un cavo telefonico, che ha permesso la comunicazione in tempo reale tra l’interno della grotta e il campo base esterno.
Ma assisterlo non bastava. Per portarlo fuori, era necessario allargare la grotta stessa.
Tre passaggi fondamentali per l’uscita erano troppo stretti per permettere il transito di una barella. Così, durante la notte tra domenica e lunedì, una cinquantina di tecnici del Soccorso Alpino – provenienti non solo dal Piemonte, ma anche da Liguria, Lombardia, Veneto, Trentino-Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Umbria – si sono alternati per disostruire quei tratti, utilizzando micro-detonazioni controllate, pistoncini idraulici e strumenti da precisione. Operazioni ad altissimo rischio, condotte con l’abilità di specialisti addestrati proprio per situazioni come questa, dove l’equilibrio tra velocità e sicurezza può fare la differenza tra la vita e la morte.
A ogni passo, a ogni centimetro guadagnato, la grotta sembrava voler difendere il suo ostaggio. Le pareti non lasciavano margine. Il terreno scivoloso, le strettoie opprimenti, la necessità di trasportare un uomo immobilizzato senza peggiorarne le condizioni: tutto ha reso l’operazione lentissima, estenuante.
Lunedì mattina, poco prima delle 11, dopo ore di lavoro continuo e notti insonni, il miracolo: Marco Massola è stato estratto vivo. Esausto, ma lucido, è stato affidato immediatamente alle cure dei sanitari e trasferito all’ospedale di Cuneo, dove sarà sottoposto a tutti gli esami di controllo. Le sue condizioni vengono definite stabili, ma sotto osservazione per i postumi del trauma cranico.
A dare notizia del salvataggio è stato anche il CAI di Lanzo, che attraverso i social ha confermato l’esito positivo e ha ringraziato tutti i tecnici coinvolti. “Durante l’esplorazione di nuovi rami del sito ipogeo – scrive il CAI – è stato colpito alla nuca da un masso, ma grazie alla protezione del casco si è evitato il peggio. Tutto il direttivo gli augura una veloce guarigione”.
Il mondo speleologico piemontese tira un sospiro di sollievo. Perché Marco non è un nome qualunque. È uno di quelli che le grotte le conosce, le studia, le rispetta. Uno che ha formato generazioni di esploratori, che ha insegnato a stare sotto terra senza sfidarla, ma accettandone le leggi. E che oggi è stato riportato alla luce da una macchina del soccorso che funziona, grazie alla passione, alla preparazione e al sacrificio di chi sa che anche nel punto più buio del mondo, non si è mai davvero soli.
La montagna lo aveva preso. Ma l’uomo ha saputo rispondere, e alla fine, ha vinto.
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