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25 Giugno 2025 - 01:16
Pierino
È morto Pierino. E con lui se ne va un pezzo d’Italia. Non quella patinata, non quella dei salotti buoni, ma quella che rideva. A volte di gusto, a volte sotto i baffi. Spesso senza troppe pretese, ma con una fame – immensa – di leggerezza. Alvaro Vitali, scomparso ieri a Roma all’età di 75 anni, non era solo un attore. Era un simbolo. Il volto disarmante di una comicità che oggi fa storcere il naso a molti, ma che per milioni di italiani ha rappresentato un antidoto alla noia, alla tristezza, alla fatica del vivere.
Era il ragazzino impertinente che nessuno riusciva a mettere in riga, il monello dai capelli arruffati, il sorriso sfrontato e le battute che facevano arrossire le maestre e ridere i papà. Era Pierino, sì, ma anche molto di più. Era l’Italia degli anni ’70 e ’80, quella che usciva dalla nebbia degli anni di piombo per buttarsi nella vasca da bagno con Edwige Fenech, quella che passava dalla commedia sexy all’italiana alle parodie sgangherate ma irresistibili, quella che aveva bisogno di spensieratezza come il pane.
Alvaro era un elettricista, uno qualunque, finché Fellini non lo vide. Lo scelse per Satyricon, e poi ancora per Amarcord, Roma, I clowns. Aveva il fisico del comico, ma anche quella malinconia dolce-amara che solo i grandi riescono a nascondere dietro un rutto finto o una smorfia da bambino capriccioso. Fellini lo amava. E chi ha amato Fellini sa riconoscere il talento nascosto nelle pieghe del grottesco.
Ma è con Pierino che Vitali è entrato nella leggenda popolare. Un personaggio che oggi verrebbe probabilmente censurato, sbeffeggiato, deriso da chi dimentica che il cinema è anche specchio dei tempi. Pierino medico della Saub, Pierino contro tutti, Pierino colpisce ancora: titoli che hanno fatto storia, storie che hanno fatto ridere l’Italia intera. Film da oratorio e da cinema di paese, da risate sporche di popcorn, di goliardia, di nostalgia.
Eppure Vitali ha pagato caro il suo successo. Quando il vento è cambiato, quando le mode si sono fatte più eleganti e i critici più esigenti, Pierino è diventato un peso, una macchia. I registi hanno smesso di chiamarlo, le televisioni l’hanno confinato ai reality e alle parodie. Ma lui non si è mai vergognato di quello che era stato. Diceva: “Io ho fatto ridere, e far ridere non è mica da tutti.” E aveva ragione.
La sua vita privata, lontano dai riflettori, è stata più complessa e dolorosa. Un primo matrimonio, un figlio – Ennio – che ha scelto una strada tutta diversa, quella della legge. Un secondo amore, lungo, con Stefania Corona, finito pochi mesi fa, tra accuse e silenzi. E poi una salute che negli ultimi anni lo ha tradito: asma bronchiale grave, una broncopolmonite recidiva che non gli ha lasciato scampo. Ma lui, anche da malato, non ha mai perso la voglia di fare battute, di raccontare barzellette, di dire la sua. Perché se sei Pierino, sei Pierino per sempre.
L’Italia di oggi non sa più ridere come un tempo. Ha paura di offendere, di esagerare, di essere troppo, o troppo poco. Vitali no. Lui ha riso e ha fatto ridere fino all’ultimo. Senza filtri, senza permessi. E forse per questo se ne va oggi, nel silenzio di un Paese che ha perso il gusto del sorriso spontaneo.
Ma chi lo ha amato, chi ha visto almeno una volta un suo film in una sera d’estate, seduto su una sedia di plastica davanti a un telone bianco, lo sa: Alvaro Vitali non era un buffone. Era un giullare. E i giullari veri sanno far ridere e piangere allo stesso tempo.
Addio, Pierino. Grazie per averci insegnato che si può vivere anche con poco, ma non senza una risata.
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