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Cronaca
21 Giugno 2025 - 17:51
Il "cretino"
Un passo falso, un equilibrio perso, e un capolavoro d’arte finisce lacerato. È bastato un attimo, oggi, sabato 21 giugno, per trasformare una tranquilla visita agli Uffizi in un incidente che farà discutere a lungo. Un turista – la cui identità è stata mantenuta riservata – è caduto in una delle sale della celebre galleria fiorentina, finendo rovinosamente contro un dipinto di valore inestimabile.
A subire le conseguenze della caduta è stato il ritratto di Ferdinando de’ Medici, realizzato nel 1690 dal pittore Niccolò Cassana, noto come “il Nicoletto”. L’opera, proveniente da Palazzo Pitti, era esposta nella mostra temporanea “Firenze e l’Europa. Arti del Settecento agli Uffizi”, che resterà aperta fino all’autunno. Un quadro che non solo arricchisce l’allestimento, ma che ne rappresenta una delle principali attrazioni, al punto da essere stato scelto come immagine simbolo della campagna promozionale online.
Secondo le prime ricostruzioni, la caduta sarebbe stata del tutto accidentale: il visitatore avrebbe perso l’equilibrio inciampando su uno dei gradini distanziatori collocati a protezione delle opere. Quegli stessi elementi pensati per garantire sicurezza, oggi sono finiti sotto accusa: pare infatti che non fossero ben visibili, e già si affacciano interrogativi sulla loro collocazione e segnaletica.
Il danno al dipinto è tutt’altro che marginale. L’impatto ha provocato uno squarcio evidente in corrispondenza del piede destro del Gran Principe raffigurato nel quadro. L’opera risulta “gravemente compromessa”, riferiscono fonti interne, e richiederà un lungo e delicato intervento di restauro. Intervento che, si teme, sarà anche molto costoso.
L’episodio apre inevitabilmente un dibattito sulle misure di prevenzione adottate nei musei: quanto sono realmente efficaci? E quanto, invece, possono trasformarsi in trappole invisibili? Gli Uffizi, uno dei luoghi più visitati al mondo, vantano un flusso costante di migliaia di persone ogni giorno. Eppure, anche in un ambiente altamente sorvegliato e controllato, l’imprevisto resta dietro l’angolo.
Per ora non si parla di responsabilità, né di provvedimenti specifici. Il turista coinvolto, fortunatamente illeso, ha collaborato con il personale del museo e con le autorità. Ma resta l’amaro in bocca per una ferita inferta, seppur involontariamente, al patrimonio culturale italiano.
Il restauro è già stato messo in moto, e l’auspicio è che l’opera possa tornare alla sua integrità originaria. Ma il monito è chiaro: la fragilità dell’arte richiede non solo attenzione, ma un costante aggiornamento delle pratiche di tutela. Anche perché, come insegna questo spiacevole episodio, a volte basta davvero un passo falso per mandare in frantumi secoli di bellezza.
Un tempo si andava agli Uffizi per ammirare la bellezza. Oggi ci si va per ammirare se stessi mentre si fa finta di ammirare la bellezza. Il Rinascimento? Solo lo sfondo ideale per il filtro Valencia. I Medici? Figuranti di un parco a tema con la coda davanti allo specchio. E così, mentre l’ennesimo turista si sbilancia cercando l’inquadratura perfetta, Ferdinando de’ Medici vola in frantumi, centrato in pieno da un ginocchio fuori controllo. Si dice sia colpa dei distanziatori poco visibili. Sì, come se uno si schianta su un’opera del Seicento perché non ha visto un gradino, e non perché stava cercando l’angolazione perfetta per somigliare alla Venere di Botticelli con le labbra a papera.
Ma non preoccupiamoci. Il vero dramma non è lo squarcio sulla tela. Il vero dramma è che il selfie è venuto mosso. E il filtro non regge. E il post su Instagram non si può fare. Hashtag: tragedia.
Siamo nell’epoca in cui il visitatore medio non guarda l’arte: ci si incolla davanti per dimostrare agli altri che c’è stato. Non importa cosa vedi, importa che ti vedano. Il mondo è diventato una gigantesca scatola per criceti narcisisti. L’autoritratto del XXI secolo non lo dipinge un pittore: lo scatta uno smartphone, rigorosamente con la fotocamera frontale. D’altronde, vuoi mettere farsi un selfie con Leonardo, Raffaello o Caravaggio? Roba che nemmeno in Vaticano.
E se poi inciampi e distruggi un pezzo di storia, pazienza. Tanto lo aggiusteranno. Magari con l’intelligenza artificiale. Magari con una colletta social. Magari lo rifanno meglio.
Nel frattempo, il turista tornerà a casa con la sua foto sfocata e dirà: “Questo è il momento in cui ho quasi distrutto gli Uffizi”.
Più virale di così, si muore.
E allora viene il dubbio: ma chi ha davvero danneggiato il quadro? L’uomo che è caduto? O una società che non sa più guardare, ma solo mostrarsi? Una società che preferisce farsi ritrarre da uno smartphone anziché contemplare un capolavoro del passato?
La verità, come sempre, è davanti ai nostri occhi. Anzi, dentro i nostri occhi. Solo che non la vediamo, troppo impegnati a guardare il nostro riflesso sul vetro dello schermo. Il vero capolavoro non è più quello appeso al muro. È il nostro naso visto da 12 centimetri. Con le luci giuste.
Bentornati nel Medioevo digitale. Dove non si legge, non si studia, non si osserva. Si clicca. Si sorride. Si tagga. E si distrugge.
Per caso. Ma nemmeno tanto.
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