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Cronaca
09 Giugno 2025 - 22:14
Giorgia Marino
Giorgia Marino aveva solo 25 anni. Una giovane donna, piena di vita, di sogni, di amore per quella bambina di quattro anni che ogni sera abbracciava forte, stringendola come fosse il bene più prezioso del mondo. Lavorava come corriere per Amazon nel polo logistico di Grugliasco. La sua giornata era fatta di corse, consegne, saluti frettolosi ma sorrisi sinceri. Poi il 30 maggio, l’impatto. L’asfalto. Il silenzio. E una lotta disperata iniziata da quel momento e finita il 9 giugno con un epilogo devastante: la morte. Ma ora, a rendere tutto ancora più insopportabile, è il dubbio che qualcosa non abbia funzionato.
È di queste ore la notizia che la famiglia ha presentato un esposto alla Procura di Torino per chiedere chiarezza sulla gestione sanitaria che ha preceduto il decesso. Non per vendetta. Non per rabbia. Ma per amore. Perché ogni madre, ogni padre, ogni sorella ha il diritto di sapere se ciò che è stato fatto era davvero l’unica strada possibile.
Giorgia viaggiava in moto lungo corso Orbassano, quando un’auto avrebbe svoltato a sinistra senza concederle la precedenza. L’impatto è stato violentissimo: il suo corpo è stato sbalzato contro due auto parcheggiate. Ha riportato gravi traumi e numerose fratture. Ricoverata d’urgenza al CTO, è stata subito sedata, messa in coma farmacologico, in attesa dell’intervento. Ma da quel momento – denunciano i familiari – tutto si sarebbe svolto senza un vero confronto con chi la amava.
Nessuno ha firmato un consenso informato, sostiene la famiglia. Nessuno avrebbe spiegato davvero i rischi di quel delicatissimo intervento al bacino, eseguito il venerdì successivo all’incidente. Un’operazione lunga, difficile, e forse – ora si domandano i suoi cari – fatale. Perché è subito dopo l’intervento che Giorgia ha avuto un arresto cardiaco. Da quel momento, una corsa disperata contro il tempo: il trasferimento alle Molinette, il collegamento all’ECMO – il sistema per la circolazione extracorporea del sangue – e poi 72 ore di speranze infrante.
Il cuore ha smesso di battere. Giorgia se n’è andata. E con lei, una giovane madre che non potrà più vedere crescere la sua bambina, né abbracciarla, né proteggerla.
La denuncia presentata in Procura è il tentativo estremo di dare un senso a tanto dolore. I familiari chiedono di fare luce su tutto: sulla dinamica dell’incidente, certo, ma anche – e soprattutto – sulle scelte sanitarie. Era davvero necessaria quell’operazione in quel momento? Giorgia era stabile? C’erano alternative? Perché nessuno – dicono – ci ha consultati?
C’è chi in queste ore parla già di presunta negligenza medica, chi invoca rispetto per il dolore, chi pretende trasparenza. L’unico dato certo è che una giovane vita è stata spezzata. E a piangere oggi non sono solo i suoi genitori, ma una città intera.
Perché Giorgia era una di noi. Era una ragazza con il casco in testa, la schiena curva su uno scooter, il cuore pieno di sogni e responsabilità. Era una madre. Una figlia. Una lavoratrice. E ora è anche una ferita aperta che chiede giustizia.
Torino si stringe attorno alla famiglia Marino, in attesa che la Procura faccia il suo corso. Ma resta l’amaro in bocca, il vuoto insopportabile di un’assenza che grida vendetta o almeno verità. Resta una bambina di quattro anni, a cui un giorno qualcuno dovrà spiegare perché la sua mamma non tornerà più a casa. E resta l’obbligo morale di non dimenticare. Perché ogni vita conta. Ma quella di Giorgia, oggi, pesa come un macigno sul cuore di tutti.
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