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Cronaca
31 Maggio 2025 - 09:28
Lotto truccato: nove a giudizio. A Torino il sistema parallelo dei tabaccai truffatori
Un fiume di schedine fortunate, vincite lampo, terminali scomparsi e poi misteriosamente resuscitati. E soprattutto, centinaia di migliaia di euro svaniti nel nulla. Nelle retrobotteghe di alcune tabaccherie torinesi non si respirava solo il profumo acre del tabacco, ma l’odore più pungente: quello della truffa.
Secondo la procura di Torino, c’era un piccolo esercito di ricevitori pronti a tutto pur di incassare. Un giro di giocate compulsive al Lotto – mai dichiarate – studiato non per arricchirsi, ma per tappare buchi, ripianare debiti, far fronte ad affari naufragati. Il gioco come ultima spiaggia, la fortuna come stampella per i conti in rosso.
Il castello crolla nell’aprile 2021. In una ricevitoria della zona San Paolo di Torino, i numeri non tornano. Ma le vincite sì: arrivano a pioggia, tutte insieme, tutte nello stesso posto. In sei giorni vengono incassati oltre 200 mila euro. Troppo, perfino per la statistica. A Roma, all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, qualcuno fiuta il marcio e invia un esposto in procura. Scatta l’inchiesta.
La Guardia di Finanza entra in azione. Un finanziere in borghese si presenta come cliente, fa qualche giocata, osserva. E annota. I terminali vengono sequestrati. Ma non basta. Quegli stessi dispositivi – o meglio, i loro “cloni” – riappaiono altrove, in altre tabaccherie, con altri intestatari. Come se la truffa avesse trovato una seconda vita, altrove, sotto nuove insegne.
L’indagine, coordinata dalla pm Fabiola D’Errico, porta a un’accusa precisa: peculato. Perché i tabaccai, in quanto concessionari pubblici, gestiscono soldi dello Stato. E quei soldi, derivanti dalle giocate mai versate a Lottoitalia, sarebbero stati trattenuti per fini personali.
Non si parla di un colpo di genio o di un software segreto in grado di indovinare i numeri fortunati. No. Era tutto molto più terra terra. Gli indagati si chiudevano dentro la tabaccheria e giocavano senza sosta. Poi incassavano. E non versavano.
Il meccanismo – scrive la procura – si reggeva su giocate fittizie, fideiussioni false, terminali dati “in prestito” da amici compiacenti. Una macchina truccata per generare vincite e far sparire i soldi prima che Roma potesse accorgersene. Ma Roma, questa volta, si è accorta.
Ora in nove rischiano il processo. Ieri, in udienza preliminare, tre imputati – difesi dalle avvocate Stefania Pignochinoe Mirella Miano – hanno chiesto di essere ammessi alla messa alla prova. Gli altri preparano la linea difensiva.
Quel che resta è l’immagine nitida di un sistema impazzito: dove il Lotto non era più una scommessa, ma un salvagente. Dove le ricevitorie diventavano banche abusive, e il confine tra disperazione e crimine si faceva sempre più sottile.
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