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Cronaca

Ancora fiamme, feriti e tensione: esplode di nuovo la rabbia nel Cpr di Torino

Quattro agenti contusi, un migrante con una gamba rotta, incendi, urla, slogan, ambulanze bloccate e polemiche infuocate tra destra e sinistra: è questo il bilancio di un’altra notte di guerriglia interna al Cpr di Torino, riaperto appena il 24 marzo scorso e già trasformato in una polveriera a cielo chiuso

Ancora fiamme, feriti e tensione: esplode di nuovo la rabbia nel Cpr di Torino

Il centro di permanenza per i rimpatri di corso Brunelleschi – per anni al centro di critiche, mobilitazioni e inchieste – è tornato sotto i riflettori dopo i disordini di fine aprile. Ma la notte tra il 16 e il 17 maggio ha fatto segnare un nuovo, pesantissimo, punto di rottura. Secondo le prime ricostruzioni, alcuni trattenuti avrebbero dato fuoco a materassi e suppellettili all’interno della cosiddetta “area bianca” del complesso, per poi salire sulla tettoia nel tentativo di attirare l’attenzione. L’azione avrebbe fatto seguito a una giornata di protesta più ampia scoppiata nell’“area blu”, dove diversi migranti avrebbero rifiutato il pasto in segno di protesta contro le limitazioni imposte alle telefonate verso l’esterno, considerate da molti l’unico legame con i familiari e il mondo esterno.

All’esterno, una piccola folla di attivisti e solidali, radunatasi grazie al tam-tam dei social, ha presidiato il perimetro della struttura per ore. Alcuni di loro, venuti a conoscenza del ferimento di un trattenuto, hanno allertato il 118: le ambulanze sono arrivate sul posto insieme ai vigili del fuoco, ma l’ingresso è stato autorizzato solo dopo una lunga e difficile mediazione. Il clima, già surriscaldato da fiamme e fumo, si è ulteriormente esasperato per la lentezza dell’intervento e la tensione alle stelle tra manifestanti e forze dell’ordine.

Solo in mattinata è arrivata la conferma ufficiale: uno degli uomini reclusi si è ferito cadendo dalla tettoia durante un intervento della polizia. La diagnosi è chiara: frattura a una gamba. Quattro agenti risultano invece contusi e intossicati, nel tentativo di contenere i disordini e spegnere l’incendio.

Attualmente nel Cpr di Torino sono rinchiuse circa cinquanta persone, a fronte di una capienza provvisoria di sessanta posti. Ma la situazione interna viene descritta da più fonti come tesa, caotica, esplosiva. I sindacati di polizia parlano di rischi costanti, mentre le voci politiche si rincorrono. La consigliera regionale Alice Ravinale (Alleanza Verdi Sinistra), da tempo critica verso l’esistenza stessa dei Cpr, ha ribadito che il centro “deve essere chiuso al più presto” perché “rappresenta un pericolo per tutti, non solo per chi vi è trattenuto”. Già nei giorni scorsi, dopo una visita ispettiva, aveva denunciato la presenza di persone affette da disturbi psichiatrici, fragilità sanitarie e casi ricorrenti di autolesionismo.

“Durante la notte – ha commentato Ravinale – c’è stato un continuo via vai di pattuglie e agenti. Risorse pubbliche spese in operazioni pericolose, che nulla hanno a che vedere con la sicurezza reale dei cittadini”. Una critica chiara all’impianto stesso del sistema Cpr, che – secondo la consigliera – sottrae energie alle vere emergenze sociali del territorio.

Dello stesso avviso anche Partito Democratico e Movimento 5 Stelle, che già nei giorni scorsi avevano parlato di “fallimento strutturale del modello Cpr”, sottolineando come “rinchiudere persone per tempi indefiniti, senza prospettive né garanzie, sia un sistema destinato a generare frustrazione, rabbia e violenza”.

Ma se dalle opposizioni arrivano accuse e richieste di chiusura, dal centrodestra si leva alta la voce di Augusta Montaruli, deputata torinese di Fratelli d’Italia: “Le forze politiche che giustificano le rivolte e colgono l’occasione per attaccare i Cpr si rendono complici morali dei disordini. Lo Stato non può accettare il ricatto violento di chi organizza queste rivolte. I torinesi e il governo non si faranno intimidire”.

Uno scontro che non è solo politico, ma anche simbolico. Il Cpr di Torino torna così a rappresentare, ancora una volta, il cuore di un conflitto mai sopito tra due visioni dell’immigrazione: quella che vede nei trattenuti persone da espellere e gestire come un problema di ordine pubblico, e quella che li considera esseri umani privati di libertà, spesso senza un’accusa precisa, senza processo, senza voce.

Intanto, dentro quelle mura alte e silenziose di corso Brunelleschi, la tensione resta altissima. E la prossima scintilla potrebbe scoppiare già stanotte.

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