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Cronaca

Rayan era morto nel Po. Nessuno lo ha riconosciuto per tre mesi

Il corpo del 15enne di Mondragone è stato ripescato a Torino il 19 febbraio, senza documenti né cellulare. Solo ora l’identificazione grazie al DNA della madre. Sul cadavere nessun segno di violenza. Si indaga anche sul suicidio. Mondragone proclama il lutto cittadino

Ritrovato in provincia di Torino il corpo di Rayan.  Aveva 15 anni, era scomparso a gennaio

Ritrovato in provincia di Torino il corpo di Rayan. Aveva 15 anni, era scomparso a gennaio

Mdallel Rayan non tornerà più a casa. La sua corsa in bici si è fermata per sempre, lontano da Mondragone, lontano dalla sua famiglia, dai suoi amici, da quella quotidianità spezzata troppo presto. Dopo mesi di angoscia, appelli, silenzi e speranze tenaci, è arrivata la notizia più tremenda: il corpo del ragazzo scomparso il 30 gennaio 2025 è stato identificato. Era nel fiume Po, a Torino. Ritrovato il 19 febbraio, ma riconosciuto solo pochi giorni fa grazie all’esame del DNA.

Una verità che si è fatta attendere troppo. Una verità che fa ancora più male.

A renderlo noto è stato il sindaco di Mondragone, Francesco Lavanga, che ha spiegato come il corpo, al momento del ritrovamento, fosse senza documenti né cellulare. Era impossibile collegarlo a Rayan senza un riscontro scientifico. Solo grazie all’incrocio genetico con il DNA della madre si è potuti arrivare alla conferma. “Rayan era scomparso il 30 gennaio, poi il suo corpo fu ritrovato nel fiume il 19 febbraio, senza documenti e cellulare; ci sono voluti dei mesi per identificarlo, e ciò è avvenuto alcuni giorni fa tramite l'incrocio del Dna con quello della madre”, ha dichiarato il primo cittadino.

Ma com’è finito Rayan a centinaia di chilometri da casa, da solo, nel letto di un fiume? Perché è morto? Domande che pesano come macigni. Secondo quanto emerso finora, sul corpo non sarebbero presenti segni di violenza visibili. Nulla che faccia pensare a un’aggressione, a un pestaggio, a un omicidio. Ma non si esclude alcuna ipotesi. Nemmeno quella del gesto volontario. Una possibilità dolorosa, che però – almeno per ora – non trova conferme né smentite. Le indagini vanno avanti. Ma le risposte tardano ad arrivare.

Rayan era uscito da casa in sella alla sua bici nera. Indossava una tuta scura, scarpe Nike bianche, portava con sé due zaini, uno Adidas, l’altro scolastico. Nessun saluto, nessun indizio chiaro. Solo il vuoto. Un vuoto che ha inghiottito ogni certezza. La madre ha lottato come una leonessa. Si è rivolta ai giornali, alle trasmissioni televisive, a Chi l’ha visto?. Ha lanciato appelli pubblici, ha chiesto aiuto, ha sperato. “Chiunque abbia notizie di mio figlio, vi prego, parli. Aiutatemi a riportarlo a casa”, aveva detto.

Nei mesi successivi, una donna ha riferito di averlo visto a Roma, in zona Rebibbia, vicino a una fermata dell’autobus. Aveva ancora quella bici. Ma anche quell’avvistamento non ha portato a nulla. Tutto è rimasto sospeso, incerto, sfocato. E ora, si scopre che Rayan era morto da settimane, forse già da pochi giorni dopo la sua scomparsa.

 

Mondragone si è fermata. Il dolore è diventato collettivo. Il lutto, unanime. Il sindaco ha annunciato la volontà di proclamare una giornata di lutto cittadino. Le bandiere saranno a mezz’asta. Si fermeranno le scuole. Si pregherà. Non solo per Rayan, ma per quello che rappresenta: un fallimento della società tutta, un dolore che non si potrà dimenticare.

“Non trovo – scrive il primo cittadino – ma forse non esistono, parole che possano colmare un dolore così ingiusto e straziante. La sua giovane vita, spezzata troppo presto e in circostanze così laceranti, lascia in tutti noi un senso di smarrimento e profonda tristezza. Certo di rappresentare lo smarrimento di tutta la comunità mondragonese, porgiamo la nostra vicinanza alla famiglia, agli amici e a tutti coloro che lo hanno amato. Riposa in pace, piccolo Rayan”.

Parole che arrivano come un abbraccio. Ma che non possono cancellare l’angoscia. Perché Rayan non doveva morire così. Solo, lontano da casa, in un fiume, nel gelo. E senza che nessuno lo sapesse. La sua storia non può finire con il silenzio. Occorre sapere. Occorre capire. Occorre che qualcuno si assuma la responsabilità di ciò che è accaduto, o non accaduto, in quei giorni maledetti.

Cosa ha spinto un ragazzo di 15 anni ad allontanarsi? Chi lo ha incontrato? Chi non ha fatto abbastanza? Le autorità indagano in ogni direzione. Ma la verità si sta rivelando una salita difficile, come un labirinto.

Intanto, resta solo il vuoto. E una fotografia: un ragazzo con uno zaino, un sorriso timido, due occhi profondi. Che ora non potrà più guardare il mondo. Che ora ci chiede solo di non essere dimenticato.

Riposa in pace, Rayan. Ovunque tu sia adesso, ti chiediamo perdono per non averti saputo salvare.

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