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Costume e società

Ares Gate, l’industria dell’inganno. Grimaldi rischia il processo, Garko rompe il silenzio

Intrighi legali sul set: il caso Grimaldi scuote il processo Tarallo tra accuse di falsa testimonianza e drammatiche rivelazioni sul controverso mondo della Ares Film.

Ares Gate, l’industria dell’inganno. Grimaldi rischia il processo, Garko rompe il silenzio

Garko e Grimaldi (foto archivio)

Non è una fiction, anche se i protagonisti sono gli stessi. Il tribunale è reale, le accuse sono pesanti e le parole pesano più dei copioni. Il pubblico ministero Carlo Villani, della Procura di Roma, ha chiesto la trasmissione degli atti a Perugia per valutare l’apertura di un procedimento penale a carico dell’attrice Eva Grimaldi, accusata di falsa testimonianza e calunnia. Il suo nome è tornato al centro del dibattimento nel processo a carico del produttore Alberto Tarallo, imputato per la bancarotta della Ares Film, casa di produzione nota per aver confezionato decine di fiction di successo popolare e di discutibile valore artistico.

Secondo l’accusa, insieme al compagno Teodosio Losito – morto suicida nel gennaio 2019 – Tarallo avrebbe manipolato i bilanci della società e sottratto denaro, contribuendo così a provocare il dissesto dell’azienda. Tra i titoli finiti sotto la lente: Il bello delle donne, L’onore e il rispetto, Il peccato e la vergogna. Una produzione colossale che per anni ha garantito introiti e visibilità, soprattutto in casa Mediaset. Poi il tracollo.

Alberto Tarallo

Alberto Tarallo

Secondo gli inquirenti, Tarallo non avrebbe comunicato correttamente i dati economici nei bilanci del 2017 e del 2019, «cagionando il dissesto della società». Un buco nero che ha portato al fallimento nel febbraio 2020 e che, secondo gli atti, avrebbe provocato «un danno patrimoniale di rilevante entità». Si parla di oltre 41 mila euro distratti, occultati o dissipati attraverso l’uso reiterato delle carte di credito aziendali. La scena si sposta così alla cittadella giudiziaria di Roma, dove, in questi mesi, si è assistito a una vera e propria sfilata di vip: testimoni, attori, personaggi pubblici chiamati a raccontare ciò che sapevano, o che dicevano di sapere.

Tra questi anche Eva Grimaldi, che però ha sorpreso la procura con un clamoroso dietrofront. In un primo momento aveva attribuito a Tarallo un ruolo di primo piano nella gestione economica della Ares. Ma in aula ha cambiato versione: «Non mi sono mai permessa di dire che Alberto aveva messo dei soldi. Non l’ho mai detto. Non fa parte della mia etica». Una smentita netta, che ha fatto scattare l’ipotesi di reato. Secondo la procura, le sue parole contrastano con le dichiarazioni precedenti e avrebbero l’obiettivo di alleggerire la posizione del produttore. Da qui la richiesta di trasmettere gli atti alla Procura di Perugia.

Il processo, che si trascina da anni tra rinvii, interrogatori e colpi di scena, ha visto sfilare davanti ai giudici della nona sezione collegiale anche Rosalinda Cannavò, in arte Adua Del Vesco, che ha chiesto di deporre dietro un paravento. «Tarallo? Faccio fatica a guardarlo», ha detto, spiegando di aver vissuto con lui e Losito per sette anni, dal 2013 al 2018. «Con la Ares Film avevo un contratto: per il lato artistico parlavo con Tarallo, mentre per quello amministrativo mi confrontavo con Losito».

A seguire è arrivato Gabriel Garko. Anche lui ha confermato che «Tarallo si occupava delle scelte che riguardavano la produzione dei film», e ha raccontato di un rapporto complicato tra il produttore e il suo compagno: «Teo si sentiva messo da parte». Parole che si collegano a quelle rese in precedenti interviste, dove Garko aveva raccontato pubblicamente di “aver recitato anche nella vita” e di essersi liberato solo dopo aver rotto con il sistema Ares. Il suo percorso di affrancamento – culminato con il coming out televisivo – oggi viene letto come una delle chiavi più sincere per comprendere quel meccanismo perverso.

Ancora più toccante è stata la testimonianza dell’onorevole Patrizia Marrocco, attrice e socia della Ares, che ha definito Losito «una rondine al guinzaglio». Ha raccontato che desiderava cambiare vita, trasferirsi a Milano, dedicarsi alla musica, «ma non voleva deludere Alberto». Parole che gettano nuova luce sulla fragilità dell’autore, su una prigione dorata dalla quale non è riuscito a fuggire.

In aula è stata ascoltata anche Giuliana De Sio, che ha dichiarato di aver avuto un rapporto lavorativo intenso con Tarallo – «abbiamo fatto insieme sette-otto fiction» – ma di aver conosciuto Losito solo superficialmente: «Ai miei occhi appariva come una figura sfocata».

E mentre il processo principale procede, Tarallo è imputato anche in un secondo procedimento: quello per la presunta falsificazione del testamento di Losito. Secondo l’accusa, avrebbe imitato calligrafia e firma per ottenere un’eredità da cinque milioni di euro. Losito fu trovato impiccato nella villa di famiglia a Zagarolo. Una morte classificata come suicidio, ma che continua a sollevare interrogativi.

La memoria torna allora a quell’autunno del 2020, quando proprio nel confessionale del Grande Fratello VIP, due giovani attori denunciarono un clima tossico, fatto di controllo, manipolazione, imposizioni. “Io non volevo più vivere. Poi sono scappata di notte”, aveva detto Del Vesco, lasciando intendere che il suicidio di Losito avesse rappresentato per molti la fine di un incubo. Fu lì che comparve per la prima volta il soprannome Lucifero, usato per indicare colui che dominava il sistema: Tarallo.

La tv taceva, ma i social gridavano. Lorenzo Crespi invocava protezione per i testimoni. Francesco Testi parlava di relazioni vietate e contratti soffocanti. Marco Bellavia denunciava coperture costruite a tavolino. E Garko, poco tempo dopo, raccontava il suo inferno privato: “Finalmente potevo smettere di fingere”. Oggi quelle frasi non sono solo ricordi televisivi. Sono tasselli fondamentali in un mosaico giudiziario sempre più complesso.

Eva Grimaldi, oggi, rischia l’incriminazione. Ma ciò che è emerso da queste udienze – e continua ad emergere – è molto più di una bancarotta. È il racconto di un mondo in cui si recitava anche fuori dal set, dove ogni emozione era calcolata, ogni affetto sorvegliato. Un mondo dove si poteva diventare famosi solo a patto di perdere se stessi.

Il copione si è rotto. I personaggi sono usciti di scena. Ma il sipario, stavolta, non è ancora calato.

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