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Cronaca

Ha colpito il padre per difendere la madre. La procura accusa: “Delitto premeditato”

La perizia psichiatrica: “Era capace di intendere e volere”. La procura accusa: “Delitto premeditato”. La figlia: “Volevo solo proteggere mia madre”

Ha colpito il padre

Ha colpito il padre per difendere la madre. La procura accusa: “Delitto premeditato”

Aveva 19 anni, un passato familiare segnato da tensioni e violenze, e un futuro in bilico. Oggi Makka Sulaeva è al centro di un processo per omicidio volontario aggravato, accusata di aver ucciso il padre, Akhyad Sulaev, con due coltellate nella loro casa dell’Astigiano, il 1° marzo 2024. Lo ha fatto, sostiene, per proteggere la madre dall’ennesima aggressione. Lo ha fatto, dice, per paura. Ma per la giustizia era lucida, pienamente capace di intendere e di volere.

Lo ha stabilito la perizia psichiatrica presentata ieri in aula davanti alla Corte d’Assise di Alessandria, presieduta dal giudice Paolo Bargero. Nessuna infermità mentale, nessuna alterazione dello stato di coscienza. Makka, dicono i medici, sapeva cosa stava facendo.

La procura però alza il tiro: delitto premeditato. Nelle mani degli inquirenti c’è una pagina di diario, scritta poche ore prima del fatto: Lo ammazzerò”. E poi l’acquisto di un coltello nuovo, usato contro il padre con due fendenti. Secondo l’accusa, quella lama non era difesa, ma intenzione.

Ma Makka si difende: Non volevo uccidere. Il coltello l’ho comprato per difendere me e mia madre da un uomo violento. Volevo solo impedirgli di farci del male”. Quel giorno, nella casa della famiglia cecena, si consumava l’ennesima tensione: l’uomo, ex dipendente di un pub, minaccia di portare via la famiglia da Nizza Monferrato, dove vivevano. La moglie si oppone. I messaggi si fanno minacciosi, violenti, come ricostruito dai carabinieri del comando provinciale di Asti.

Poi il ritorno a casa. L’aggressione. Makka è nella sua stanza. Il padre irrompe. Lei lo colpisce. Si chiude in un’altra stanza con la madre, i fratelli e un’amica che stava facendo ripetizioni. Quando arrivano i soccorsi, Akhyad è già morto.

Un delitto familiare che affonda le radici in una storia di controllo, sottomissione e paura. Ma la legge ora cerca una verità: è stata legittima difesa o vendetta consapevole? Una figlia che brandisce un coltello per difendere la madre. Un padre descritto come violento. E un intero nucleo familiare che, da quel giorno, non sarà mai più lo stesso.

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