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Cronaca

Spacciatore fugge sui tetti: polizia, pompieri ed esercito per fermarlo

Sabato pomeriggio di caos in via Elvo: il pusher braccato scappa come un acrobata. Ferito un militare. Interviene Verangela Marino: «Altro che percezione, qui serve ribaltare tutto»

Spacciatore fugge sui tetti: polizia, pompieri ed esercito per fermarlo

Spacciatore fugge sui tetti: polizia, pompieri ed esercito per fermarlo

Un pomeriggio che molti residenti di via Elvo, Barriera di Milano, faticheranno a dimenticare. Sabato 29 marzo, il quartiere ha assistito a una scena degna di una serie TV poliziesca, ma senza fiction e senza attori: tutto vero, tutto reale. Un giovane spacciatore straniero, per evitare l’arresto, ha deciso di tentare il tutto per tutto e si è dato alla fuga scalando i tetti di un palazzo, scatenando un vero e proprio caos.

Tutto comincia con un'operazione della polizia di Stato, impegnata in un intervento antidroga. Gli agenti individuano il giovane mentre è intento a vendere sostanze stupefacenti. Il ragazzo, vistosi scoperto, parte a razzo. Non cerca vicoli o portoni, ma sale. Sale veloce come un acrobata, come un moderno Arsenio Lupin, se Lupin avesse avuto lo zaino pieno di dosi. Si arrampica su per i pluviali, salta da un tetto all’altro, seminando il panico e lasciando i passanti a bocca aperta.

Nel frattempo, la situazione degenera. Alla polizia si aggiungono anche i militari dell’operazione “Strade Sicure”, che presidiano l’area. Ma non è una passeggiata: uno di loro si ferisce alla mano durante l’inseguimento, cercando di bloccare il fuggitivo tra le tegole e le antenne. Le urla, il rumore delle sirene, la tensione crescente attirano altri mezzi: i vigili del fuoco arrivano in forze dal comando di corso Regina, portando con sé il nucleo SAF, specializzato in operazioni di salvataggio ad alta quota. Viene steso persino un telo di sicurezza sotto l’abitazione, nel caso il fuggitivo tentasse un salto disperato.

In pochi minuti, il quartiere si trasforma. Le finestre si aprono, i telefoni filmano, i bambini piangono, gli anziani scuotono la testa: l’ennesima giornata normale in quella che da tempo normale non è più. Scene da guerriglia urbana per prendere un solo uomo. Alla fine, lo prendono. Il pusher viene fermato, ammanettato, e caricato su un’ambulanza del 118, che lo trasporta in ospedale per accertamenti.

Ma l’adrenalina non si placa. A infiammare ulteriormente gli animi, arriva la presa di posizione di Verangela Marino, capogruppo di Fratelli d’Italia in Circoscrizione 6, da tempo critica verso l’Amministrazione comunale:
«Ennesimo pomeriggio di paura per i residenti di Barriera. Ma per il sindaco, tutto questo è solo una ‘percezione’. Questa città, invece, andrebbe ribaltata da cima a fondo per ripristinare la legalità».

Un attacco frontale, che suona come l’eco delle lamentele che si sentono ogni giorno tra le vie del quartiere. Perché quella che viene definita con eleganza “Barriera di Milano” è, per chi ci vive, una zona franca dove le regole sembrano essere state sospese da tempo, dove il controllo del territorio è costantemente messo in discussione, e dove servono ogni giorno rinforzi da più reparti solo per ristabilire un briciolo di ordine.

E mentre dal Comune si continua a rassicurare parlando di “percezioni”, da Barriera si alza un’altra voce: quella della rabbia, della frustrazione, del senso di abbandono. Perché quando la normalità è avere un esercito sotto casa per arrestare un pusher in fuga sui tetti, forse non è solo una questione di percezione. Forse è qualcosa di più grave.

Insomma, a Torino si può discutere all’infinito di rigenerazione urbana, di tavoli istituzionali, di inclusione e resilienza. Ma se per prendere un ragazzo in fuga servono polizia, militari, vigili del fuoco, ambulanze e teli da circo, allora è lecito domandarsi chi abbia davvero il controllo del territorio. E soprattutto, quanto siamo disposti a tollerare ancora, prima di accorgerci che la città è davvero da ribaltare. Ma sul serio.

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