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19 Dicembre 2024 - 11:35
Addio a Matteo Brigandì: l'avvocato di Bossi e la sua eredità politica
La politica italiana e il mondo giuridico piangono la scomparsa di Matteo Brigandì, morto il 18 dicembre 2024, all’età di 72 anni, presso la clinica Fornaca di Torino, dopo una lunga malattia. Nato a Messina il 20 marzo 1952, Brigandì aveva costruito la sua carriera tra il diritto e la politica, diventando una delle figure più riconoscibili e controverse della Lega Nord, soprattutto negli anni di massimo splendore del movimento guidato da Umberto Bossi.
Brigandì si era trasferito a Torino per studiare Giurisprudenza, laureandosi presso l'Università degli Studi di Torino. Dopo essere diventato avvocato patrocinante in Cassazione, aveva costruito una reputazione come legale abile e determinato, tanto da diventare il consulente legale di fiducia di Bossi. Per anni, il suo nome fu sinonimo di difesa delle cause leghiste e delle autonomie locali, con un approccio diretto e spesso spigoloso che non mancava di attirare attenzione e critiche.
Il suo impegno politico lo portò nel 1994 al Senato della Repubblica, dove venne eletto nel collegio uninominale n. 7 di Settimo Torinese-Chivasso. In quella XII Legislatura, Brigandì rappresentò con forza un territorio che all’epoca si trovava al centro di una trasformazione economica e sociale, legata anche alle battaglie federaliste della Lega Nord. La sua attività parlamentare fu caratterizzata da una forte attenzione alle autonomie locali, alla difesa del Nord e a temi giuridici, riflettendo la sua doppia anima di politico e avvocato.
Matteo Brigandì
La carriera politica di Brigandì proseguì successivamente alla Camera dei Deputati, dove venne eletto nella XV Legislatura (2006-2008) e poi nella XVI (2008-2010). Nel frattempo, mantenne un ruolo centrale nella politica piemontese, diventando consigliere regionale e assessore, con deleghe che includevano il commercio estero, la formazione e il contenzioso legale. La sua influenza si estendeva anche oltre i confini istituzionali, rappresentando un punto di riferimento per la Lega Nord anche in momenti di difficoltà e cambiamento interno.
Nel 2010, Matteo Brigandì venne eletto membro laico del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), un riconoscimento della sua esperienza e del suo profilo giuridico. Tuttavia, il suo incarico terminò bruscamente nel 2011, quando il CSM lo dichiarò decaduto a causa di un’incompatibilità legata alla sua posizione di amministratore di una società finanziaria. Questo episodio segnò uno dei momenti più difficili della sua carriera, attirando critiche e polemiche che misero in discussione il suo operato.
Negli ultimi anni, Brigandì era stato al centro di una lunga battaglia legale con la Lega Nord per l'Indipendenza della Padania. Il Tribunale civile di Milano, pochi giorni prima della sua scomparsa, aveva condannato il partito a risarcirlo con 3 milioni di euro per compensi professionali non corrisposti tra il 2000 e il 2012. La sentenza sottolineava la separazione giuridica tra la "vecchia" Lega Nord e la "nuova" Lega Salvini Premier, escludendo quest’ultima da responsabilità. Questo riconoscimento legale era arrivato come una sorta di riscatto per Brigandì, dopo anni di controversie e accuse che avevano pesato sulla sua figura pubblica.
Nonostante il suo percorso fosse stato segnato anche da vicende giudiziarie, come l’accusa di patrocinio infedele e autoriciclaggio da cui venne assolto in appello nel 2022, Matteo Brigandì rimase fino alla fine un uomo profondamente legato ai valori originari della Lega Nord. La sua dedizione al partito e al territorio del Piemonte, in particolare al collegio di Settimo Torinese-Chivasso, ne fanno una figura centrale nella storia politica degli anni Novanta e Duemila.
Con la sua scomparsa, si chiude un capitolo importante della politica italiana, segnato dalle battaglie per il federalismo e dalle contraddizioni di un movimento in continua evoluzione. Matteo Brigandì lascia un’eredità complessa, fatta di successi, controversie e un’indiscutibile passione per la politica e il diritto. La sua morte rappresenta la fine di un’epoca, ma anche il ricordo di un uomo che ha contribuito, nel bene e nel male, a scrivere pagine importanti della storia della Lega Nord e del Paese.
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