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Cronaca
08 Novembre 2024 - 16:01
Aggressione ad Amsterdam: un incubo per i tifosi israeliani e un allarme per l'Europa (foto di repertorio)
Una serata che avrebbe dovuto celebrare lo sport e la competizione si è trasformata in un incubo per i tifosi israeliani del Maccabi Tel Aviv. Al termine della partita di Europa League contro l'Ajax, il 7 novembre, la Johan Cruijff Arena di Amsterdam è diventata teatro di una brutale aggressione. Le immagini diffuse sui social media mostrano scene drammatiche: tifosi in fuga, inseguiti per le strade e costretti a rifugiarsi nei canali per sfuggire alla violenza. Queste immagini hanno suscitato forti reazioni non solo in Israele, ma in tutta Europa, sollevando interrogativi sull’efficacia delle misure di sicurezza.
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UN PIANO DI SICUREZZA SOTTO ACCUSA
Alcuni tifosi israeliani, riusciti a raggiungere l’aeroporto di Amsterdam, hanno denunciato la mancanza di protezione da parte della polizia durante il tragitto tra lo stadio e gli hotel. Le gravi lacune nel piano di sicurezza delle autorità locali sono state messe in evidenza, alimentando un dibattito sulla capacità delle forze dell'ordine di prevenire e gestire situazioni di emergenza. Il bilancio delle violenze è pesante: dieci feriti e tre dispersi, tra cui Guy Avidor, un 33enne israeliano-bulgaro, di cui non si hanno notizie da oltre dieci ore. Avidor, che si trovava a Londra prima dell'incontro, aveva postato sui social media prima della partita e da allora non è più stato raggiungibile dalla sua famiglia.
UN INTERVENTO DI EMERGENZA
In risposta alla grave situazione, il governo israeliano ha organizzato un intervento di emergenza per evacuare i propri cittadini in pericolo. Due aerei militari, tra cui velivoli cargo e aerei Hercules equipaggiati con medici e team di soccorso, sono stati inviati per aiutare e trasferire i tifosi israeliani in sicurezza. Inoltre, per garantire l’evacuazione dei feriti, i rabbini capo di Israele hanno dato il permesso eccezionale alla compagnia aerea El Al di volare durante lo Shabbat, un gesto senza precedenti che sottolinea la gravità della situazione.
REAZIONI POLITICHE E STORICHE
Le violenze hanno suscitato reazioni furiose a livello politico. Il presidente israeliano Isaac Herzog ha definito gli attacchi “barbari”, mentre il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa'ar, ha parlato di un “allarme assordante per l'Europa e il mondo”. Il governo olandese ha condannato fermamente gli episodi, con il primo ministro olandese Dick Schoof che ha dichiarato di essere “inorridito” dagli attacchi e ha promesso che i responsabili sarebbero stati identificati e perseguiti. L'incidente ha attirato anche l'attenzione di politici come Geert Wilders, leader del partito anti-islam Partij voor de Vrijheid (PVV), che ha paragonato le aggressioni a un “pogrom”. Questo termine evoca una triste storia di violenza antisemita in Europa, risalente a periodi in cui intere comunità ebraiche venivano brutalmente attaccate, saccheggiate e spesso massacrate.
UN PARALLELO INQUIETANTE
Anche Deborah Lipstadt, la speciale inviata degli Stati Uniti per l’antisemitismo, ha sottolineato la drammatica somiglianza tra questi attacchi e i pogrom storici, facendo notare che l'incidente è avvenuto a ridosso del 9 novembre, anniversario del pogrom nazista del 1938. Un parallelo che scuote la memoria collettiva europea, ancora segnata dalla violenza antisemita del passato. I giornali statunitensi hanno riportato con grande attenzione l'accaduto. Il The New York Times ha descritto le violenze come un'aggressione "organizzata" ai danni di tifosi innocenti, mentre il The Washington Post ha sottolineato la preoccupazione internazionale riguardo all'incapacità delle autorità locali di proteggere i cittadini israeliani.
UN SEGNALE ALLARMANTE
Le violenze sono state messe in evidenza come un segno allarmante del crescente antisemitismo in Europa, un fenomeno che sta attirando l'attenzione anche degli Stati Uniti. La domanda che sorge spontanea è: come può l'Europa, con la sua storia complessa e dolorosa, permettere che tali episodi si ripetano? La risposta non è semplice, ma è chiaro che è necessario un impegno collettivo per combattere l'odio e la discriminazione in tutte le sue forme.
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