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Giudiziaria
08 Novembre 2024 - 08:41
Si conclude con una sentenza di proscioglimento la vicenda giudiziaria che ha visto coinvolto M. M., 65 anni, medico neurologo presso l'ospedale di Ivrea e una clinica privata, accusato di omicidio stradale per la morte di Luca Resta, 83 anni. Il Giudice per le Indagini Preliminari Andrea Cavoti ha deciso per il non luogo a procedere, liberando il medico dal peso di un processo che lo ha segnato per un anno.
L'incidente risale al 6 maggio 2023, quando M. M., alla guida della sua Kia Sportage, percorreva via Circonvallazione a Ivrea. All'altezza del civico 11, l'auto del medico aveva urtato l'anziano che stava attraversando sulle strisce pedonali, facendolo cadere rovinosamente a terra. Ricoverato d'urgenza in ospedale, l'83enne è deceduto dopo otto giorni per arresto cardiaco, un epilogo che ha spinto la Procura a contestare al medico l’omicidio stradale.
Il pubblico ministero Valentina Bossi, sulla base della consulenza del medico legale Caterina Petetta, aveva inizialmente attribuito il decesso a uno scompenso cardiaco, ritenendo che le lesioni riportate nell'impatto fossero la causa indiretta del decesso di Resta, persona già debilitata da varie patologie. Tuttavia, nel corso dell'udienza preliminare, la stessa consulente ha ammesso che il nesso tra incidente e morte non poteva essere stabilito con assoluta certezza, aprendo così la porta alla tesi difensiva.
A difendere il medico, gli avvocati Andrea Castelnuovo e Alberto Avetta, che hanno sottolineato come la morte di Resta, avvenuta otto giorni dopo l’incidente, non fosse correlabile in modo certo e diretto al trauma riportato. «Non basta che la morte segua cronologicamente un sinistro – ha dichiarato Castelnuovo – è necessario dimostrare un nesso causale inequivocabile tra l'incidente e il decesso, principio sancito dalla Cassazione ma spesso ignorato in casi simili».
La sentenza, definita dagli avvocati una rarità nel panorama giudiziario, nonostante gli orientamenti prevalenti della Cassazione fossero contrari, segna un importante precedente. Secondo la difesa, "il diritto non può basarsi su mere coincidenze temporali senza certezze scientifiche riguardo alla causa-effetto".
La decisione del giudice Cavoti arriva dopo che la dottoressa Petetta ha ridimensionato la sua prima perizia, accogliendo parzialmente le tesi della difesa secondo cui l'infarto che aveva causato la morte dell'anziano poteva essere indipendente dall'incidente stradale. Non essendo stato dimostrato con certezza il nesso causale, il giudice ha optato per il proscioglimento. Tra un mese saranno depositate le motivazioni della sentenza, che chiariranno ulteriormente l’orientamento sul concetto di "dubbio ragionevole" e sulla necessità di prove certe nei casi di omicidio stradale.
Una lunga attesa e un sollievo per l'imputato, che ha vissuto per un anno con il peso dell’accusa di omicidio, mentre i familiari della vittima – moglie, sorella, cognato e nipote – sono stati risarciti dall’assicurazione. La vicenda solleva interrogativi sulla correlazione tra dinamiche del sinistro e decessi successivi, un aspetto controverso che, alla luce di questa sentenza, potrebbe spingere verso un approccio più rigoroso nel valutare i nessi causali in tribunale.
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