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Cronaca

Aggressioni in ospedale: operatore socio-sanitario chiede i danni all'Asl

Un paziente in stato di alterazione frattura la mano di un Oss. In poche settimane cinque episodi di violenza contro il personale del pronto soccorso. Sindacati: "Serve un presidio di polizia".

Aggressione ospedale di Ivrea

Aggressione ospedale di Ivrea

Prima ha chiesto di andare in bagno, poi ha tentato la fuga, sferzando nel frattempo un calcio che ha fratturato la mano di un operatore socio-sanitario, impegnato nel suo turno al pronto soccorso di Ivrea. È successo lo scorso 1° febbraio, e il “paziente”, accompagnato dalle forze dell’ordine, era chiaramente in stato di alterazione.

L’operatore ha riportato una frattura scomposta al metacarpo della mano destra, che ha richiesto un intervento chirurgico e lo ha costretto a casa per ben 115 giorni. I sindacati Cgil, Cisl, Uil e Nursind avevano già il 5 febbraio inviato una lettera al Direttore Generale dell'Asl To4, Stefano Scarpetta, chiedendo un intervento urgente per arginare quella che definiscono una situazione da "far west" nei presidi sanitari. E non era un caso isolato: nelle settimane precedenti si erano registrati cinque episodi di aggressioni al personale. Una situazione intollerabile, secondo i sindacati, che chiedevano misure concrete per la sicurezza degli operatori.

Ora, si apprende che l'operatore aggredito ha deciso di citare in giudizio l'Asl To4 per chiedere un risarcimento danni in sede civile. La procura di Ivrea ha aperto un fascicolo per lesioni e, secondo le prime informazioni, anche il Ministero dell'Interno potrebbe essere coinvolto, dato che l’aggressore era sotto custodia delle forze dell'ordine al momento dell’incidente.

“Non è solo Ivrea a vivere questa emergenza – lamentavano i sindacati – Le aggressioni sono all’ordine del giorno in tutti i pronto soccorso. Gli operatori, oltre a dover gestire situazioni già difficili, devono convivere con la paura che da un momento all'altro la situazione possa degenerare in violenza fisica”.

Un ulteriore episodio si è verificato durante il Carnevale, quando un infermiere è stato colpito con un calcio in pieno volto, riportando un trauma facciale.

La richiesta dei sindacati è chiara: “Serve un presidio fisso di polizia negli ospedali. È inaccettabile che gli operatori siano lasciati soli a fronteggiare questi rischi e che debbano, oltretutto, sostenere di tasca propria le spese legali per querelare gli aggressori”. L'indifferenza della Direzione Generale dell'Asl To4 è stata più volte criticata.

aggressione ospedale Ivrea

“Ci sentiamo abbandonati – ripetono i sindacati – Chiediamo tolleranza zero, formazione per il personale e la procedibilità penale d’ufficio per questi episodi”.

Le aggressioni al pronto soccorso sono ormai frequenti. Lo scorso sabato, un soggetto noto alle forze dell'ordine ha seminato il panico, minacciando un'infermiera di strapparle i capelli e sbatterla a terra, il tutto davanti a una madre e al suo bambino. La situazione è peggiorata quando lo stesso aggressore si è scagliato contro un parente di un paziente, lanciando due sedie. Solo l'arrivo tempestivo della polizia ha evitato il peggio.

"L'azienda aveva promesso di convocare il tavolo bimestralmente e di estenderlo ad altri presidi ospedalieri, ma tutto è rimasto solo a parole," ha commentato Giuseppe Summa del Nursind nei giorni scorsi. “A luglio, dopo l'ennesima aggressione, avevamo chiesto aggiornamenti sugli impegni presi, ma nulla è cambiato”.

Il Nursind accusa la Direzione Generale dell'Asl To4 di non aver adottato misure adeguate per proteggere il personale. “Non sono stati nemmeno rimossi i nominativi dalle divise degli operatori, lasciandoli esposti al rischio di ritorsioni anche fuori dall'ospedale. Alcuni colleghi sono stati costretti a cancellarsi dai social media per evitare di essere rintracciati,” ha aggiunto Summa.

Secondo il Nursind, le responsabilità ricadono interamente sull'azienda, che non ha rispettato gli impegni presi né implementato soluzioni organizzative e logistiche per gestire il problema degli aggressori abituali, spesso già noti alle forze dell’ordine e al personale ospedaliero.

“Non bastano misure deterrenti a livello nazionale,” ha dichiarato Summa, “è necessario agire localmente con azioni concrete che coinvolgano anche i distretti.”

La frustrazione è palpabile: “Lo riteniamo vergognoso e inaccettabile. Il datore di lavoro ha il dovere di proteggere la salute dei dipendenti. Se la situazione non sarà affrontata, chiederemo l’intervento dell’assessore Federico Riboldi e, se necessario, proclameremo lo stato di agitazione del personale”.

Summa ha concluso ricordando che, nonostante le promesse fatte a marzo, la situazione non è migliorata. “Non possiamo più aspettare, la sicurezza del personale e dei cittadini è a rischio”.

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