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Salerano Canavese

Sparò al petto della moglie durante una lite: confermata in Appello la condanna al postino

Per il magistrato che ha condannato Domenico Rebecchi a 8 anni e mezzo di carcere, nelle lettere inviate dal carcere non c'è alcun segno di pentimento

spara alla moglie

Il postino sparò alla moglie

Sparò al petto della moglie durante una. E fu solo per un soffio che non la uccise. Oggi, la Corte d'Appello di Torino ha confermato la condanna a 8 anni e mezzo di reclusione per Domenico Rebecchi, il postino di Salerano Canavese in pensione  accusato di tentato omicidio.

La vicenda si trascina da quel torrido 22 luglio 2022, quando un colpo di pistola risuonò tra le mura della villa di via Cavour 17 e la donna, ora costituita parte civile con l'avvocato Domenico Odetti, fu colpita al petto. Il proiettile non raggiunse dei punti vitali e la prognosi fu di 20 giorni. 

Durante il processo, la procuratrice generale Marina Nuccio, ha negato la concessioni delle attenuanti generiche e questo perché le lettere spedite da Rebecchi dalla sua cella non avrebbero mostrato alcuna traccia del pentimento atteso. Invece, come sottolineato dall'accusa, queste missive contenevano richieste pragmatiche: biancheria pulita, denaro, notizie del cane, cure per gli animali. L'interpretazione del magistrato è stata implacabile: nessun segno di rimorso, solo ordini e richieste. Le rivelazioni sulle dinamiche familiari, descritte come "continue e furiose", hanno dipinto un quadro di anni di maltrattamenti subiti dalla consorte. Secondo l'accusa, infatti, le liti in famiglia erano "continue e furiose" e la donna era sottoposta a maltrattamenti da anni.

La difesa afferma che lo sparo fu un incidente, ma la pg Nuccio si è detta convinta della volontarietà del gesto e non ha escluso un movente di natura economica, sottolineando che l'uomo non chiamò i soccorsi e nascose la pistola in un'acetiera perché le unità cinofile delle forze dell'ordine non ne avvertissero l'odore. Quindi ha citato una lettera indirizzata dall'imputato a un conoscente dove "definisce il ferimento della moglie 'una cazzata'".

Le indagini coordinate dalla Pm del tribunale di Ivrea, Valentina Bossi, avevano portato a ritovare, nascosta nel giardino, anche un'altra arma: una pistola a tamburo e centinaia di cartucce. L'arma con cui sparò alla moglie, invece, venne ritrovata giorni dopo in un'acetiera. 

L'Incidenza sul Tessuto Sociale di Salerano

Il tessuto sociale di Salerano Canavese è stato indubbiamente lacerato dall'episodio. La decisione dell'allora sindaca Tea Enrico di annullare il concerto degli Acoustic Time previsto pochi giorni dopo i fatti in segno di solidarietà, era il riflesso del turbamento e dell'empatia provata nei confronti della donna dalla comunità. Questa mossa, oltre a dimostrare vicinanza alla vittima, ha sottolineato la gravità dell'incidente nel contesto della vita cittadina.

Mai e poi mai - aveva commenta la sindaco di Salerano Tea Enrico - avrei  pensato che Salerano potesse  balzare agli onori della cronaca per un tentativo di omicidio nei confronti di una donna. A nome del paese che ho l’onore di rappresentare voglio esprimere  profondo sgomento per questa vicenda che ha turbato  la nostra comunità che rimane incredula di fronte a tanta violenza.  Come amministratrice comunale mi sento di condannare con forza quanto accaduto, aspettando di capire l’origine di questa follia e confidando nella professionalità degli inquirenti e delle forze dell’ordine che stanno indagando. Salerano è  quindi vicino alla donna che ha subito questa violenza, è vicina a tutte le donne. Ed è per questo che ancora una volta voglio ricordare  che la  tutela delle donne, dei  minori e delle persone vittime di violenza è per noi  una priorità assoluta:  la violenza, il  sopruso, l’arroganza sono modalità inaccettabili in qualsiasi loro  forma". 

"Da amministratrice mi sono spesso interrogata su  quali azioni mettere in campo per evitare la tragedia e quali strumenti o azioni utilizzare  per rafforzare,  per aumentare la dimensione di prevenzione e tutela. Perché non basta celebrare il 25 novembre, o sentirsi a posto perché si è  posizionata una panchina rossa nel parco giochi con una seduta riservata,  con Un posto occupato. Perché ritengo sia difficile pensare di fermare la pericolosità sociale con una singola azione, mentre la risposta può venire dallo sviluppo di un sistema di prevenzione che dia diverse forme di supporto, attivando tante azioni di collaborazione e sinergia, coinvolgendo tutti i tutori delle fragilità.  Azioni che possano e debbano iniziare da noi stesse.  Io ci sono. Lo so, può sembrare difficile parlare, affrontare le questioni, esprimere la paura.  Ma sono una donna: insieme possiamo affrontare i problemi: insieme possiamo trovare delle soluzioni, insieme possiamo iniziare a fare squadra.... Perché non si viva più quello che è successo oggi”.

L'ex sindaca di Chiaverano Tea Enrico

La storia di Rebecchi non è solo un racconto di colpe e punizioni, ma anche un campanello d'allarme per le istituzioni e i cittadini. La presenza di armi e munizioni in una casa, la mancanza di precedenti denunce formali e la descrizione delle dinamiche familiari forniscono un terreno fertile per dibattiti più ampi su sicurezza, prevenzione e supporto alle vittime di violenza domestica.

Il caso ha messo in evidenza le sfide che la giustizia deve affrontare nel bilanciare le prove concrete con le testimonianze soggettive, nel contesto di una società che richiede trasparenza, equità e, soprattutto, protezione per i più vulnerabili. Il lavoro degli inquirenti e dei magistrati si intreccia con il bisogno della comunità di trovare pace e sicurezza, delineando un percorso giudiziario che va oltre il singolo evento.

La riflessione della sindaca Enrico su come prevenire simili tragedie e proteggere le vittime di violenza apre la porta a un dialogo necessario sulle misure preventive e sul sostegno da offrire a livello locale e nazionale. Questo dialogo, che coinvolge tutti i livelli della società, dal singolo cittadino alle istituzioni, è fondamentale per costruire un ambiente sicuro e supportivo.

Il caso di Domenico Rebecchi a Salerano Canavese è più di una cronaca di tentato omicidio; è una narrazione complessa che interroga la società sui temi della violenza domestica, della giustizia e del ruolo delle comunità nel prevenire e rispondere a tali atti. Come ogni vicenda umana, si estende ben oltre i titoli dei giornali, richiedendo una riflessione continua e un'azione concreta per evitare che simili episodi si ripetano, cercando di garantire sicurezza e giustizia per tutti.

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