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Il caso
01 Febbraio 2024 - 20:13
Finirà in tribunale, almeno per il momento, la battaglia che dal 2019 coinvolge il depuratore in località Volpetta a Chialamberto, comune di circa 300 abitanti nella Val Grande.
La Procura di Ivrea a riguardo della realizzazione dell’opera ha richiesto il rinvio a giudizio per sette persone, tra cui l’attuale sindaco Gabriele Castellini (allora assessore), il primo cittadino dell’epoca Adriano Bonadé Bottino e l’assessore Alessandra Aimo Boot, assieme ad alcuni dirigenti di SMAT, Chiara Manavello e Silvano Iraldo.
La storia è ormai nota: fin dall’inizio la costruzione del depuratore aveva sollevato non poche polemiche.
Evidenziata in rosso, località Volpetta a Chialamberto, dove si trova il depuratore
Il motivo? L’opera sarebbe stata troppo vicina alle case, in un’area a forte rischio esondazione da parte della Stura. Il tutto, senza tener conto dei cattivi odori che il depuratore avrebbe potuto emanare in alcuni periodi dell’anno.
A poco erano servite le proteste, le raccolte firme e gli esposti presentati ai carabinieri: tra il 2019 e il 2021 il depuratore (che attualmente non è ancora ultimato) era stato costruito.
“Figuriamoci che era anche stato modificato il piano regolatore del Comune, passando da 100 a 50 metri di vicinanza alle case - ci hanno spiegato alcune fonti interne al parlamentino di allora che avevano seguito molto da vicino la questione - quando avevano realizzato l’opera, poi, si era scoperto che il depuratore era a 36 metri dalla casa di un anziano signore in pensione. Troppo vicino alle abitazioni, noi l’avevamo detto”.
L'attuale sindaco e allora assessore Gabriele Castellini
Nel corso di tutta la vicenda, la domanda sorge spontanea: ma questo depuratore era davvero necessario?
“Sì, servire serviva - afferma Silvia Casotti, consigliera di minoranza della giunta dell’epoca e di quella attuale - non ne abbiamo uno qui, tantomeno un impianto fognario. Solo in alcune aree di Chialamberto sono presenti, ma di base ci sono le fosse settiche che vanno igienizzate costantemente. Il problema è dove volevano costruirlo. Si poteva sicuramente cercare un altro posto, oppure provare ad allacciarsi alla rete di Cantoira. Quando si fanno le cose bisogna tener conto delle conseguenze: anche perché il danno erariale c’è. Non so quanti fondi abbia messo l’amministrazione di allora e quanti SMAT, ma comunque SMAT è costituita dai Comuni. Quindi torniamo sempre lì: sono soldi pubblici, anche perché adesso l’opera forse dovrà essere abbattuta”.
Il PM Valentina Bossi la scorsa settimana ha chiuso le indagini e il 29 maggio di quest’anno Castellini, Bonadé Bottino, Aimo Boot e i due dirigenti di SMAT si dovranno presentare davanti al giudice per l’udienza preliminare.
Il sindaco di allora Adriano Bonadé Bottino
Gli amministratori sono tutti difesi dall’avvocato Alberto Riva; mentre i dirigenti di Smat Italdo e Manavello tutelati dall’avvocato Guglielmo Guglielmi. In tribunale andranno anche l’allora dirigente dell’ufficio tecnico comunale del Comune Alessandro di Gennaro (avvocato Mauro Bianchetti) e Roberto Ronco, dirigente dell’ATO3, Autorità d’Ambito Piemontese che si occupa del controllo e dell’organizzazione di acquedotti, fognature e depurazione (con l’avvocato Alfredo Caviglione).
Gli imputati dovranno fornire spiegazioni sul perché, stando alle indagini, abbiano approvato il progetto del depuratore in una zona definita “ad alto rischio idrogeologico”, con il conseguente rischio di un’inondazione e il crollo del depuratore stesso.
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