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Il caso

Dopo la maternità l’azienda prima la demansiona e poi la licenzia

La denuncia di Katia Pellegrino, 39 anni...

Dopo la maternità l’azienda prima la demansiona e poi la licenzia

Il Presidio dei Sindacati venerdì

Quattro ore di sciopero per far rispettare i diritti delle donne. È questo il senso della manifestazione andata in scena venerdì 27 gennaio, alla Emmecitecnica di Leinì, azienda specializzata nella progettazione e realizzazione di quadri elettrici.

I lavoratori hanno incrociato le braccia contro il licenziamento di una collega, Katia Pellegrino (di San Benigno Canavese), delegata della Uilm, che rientrata dalla maternità, è stata licenziata dopo aver già subito un demansionamento qualche anno prima.

Una storia incredibile che dimostra, ancora una volta, come per una vera parità tra uomo e donna ci sia ancora molta strada da fare.

Poco dopo il licenziamento ci siamo messi in contratto con Katia Pellegrino che ci ha raccontato la sua storia.

Io - spiega - lavoro con questo titolare da 18 anni, sono la prima segretaria che hanno assunto quando hanno aperto. Mi occupato di gestione clienti, acquisti, molte cose”.

E fin qui tutto bene... 

Ho due bimbi: una prima maternità - continua Katia - nel 2016, al primo rientro avevo qualche mansione in meno ma ho pensato che fosse normale, l’azienda si stava espandendo, un po’ di cose stavano cambiando”.

Dopo il secondo figlio, però, le cose cambiano in peggio... 

Nel 2020 - prosegue Katia - al rientro della seconda maternità sono salita sù e ho trovato la mia scrivania occupata. Il titolare mi dice che avevo cambiato posto. Mi avevano messo dove c’era una reception, parliamo di una zona che fino a quel momento non era utilizzata. Anche perché non siamo un’azienda dove vengono molte persone che devono essere ricevute”.

I compiti di Katia, però, diminuiscono sempre di più.  

Katia Pellegrino, 39 anni

Mi dissero - continua - anche di non rispondere più al telefono, non avevo la mail e prima ne gestivo 5. Mi sono ritrovata con un pc ma senza il gestionale, senza le mail. Non c’erano altri uffici, non c’era nessuno, stavo lì da sola. Sono passati due anni, al compimento dei 3 anni di mio figlio ho ricevuto la lettera di licenziamento, la motivazione è che l’azienda ha dovuto fare dei fidi bancari per sostenere spese energetiche alte e quindi la mia figura di receptionist non serviva più. Per il momento non ho firmato la lettera di licenziamento perché voglio andare in fondo alla mia battaglia, capire se tutto è stato fatto regolarmente”.

Una notizia durissima da accettare. 

Sono lì - racconta Katia - da quando avevo 20 anni, ora ne ho 39. Rimani un attimo così, un po’ scioccato. In questo periodo ci sono state dimissioni volontarie, io sono stata, però, l’unica che hanno licenziato.

Eppure in azienda non c’erano mai state avvisaglie. 

Non mi hanno mai fatto domande sulla maternità anche perché sono stata assunta a 20 anni, quindi ci può stare che una donna ad un certo punto pensi di avere un figlio,  - conclude Katia - il primo l’ho avuto a 32 anni. Quando ho avuto il primo figlio non hanno detto niente, al rientro dalla seconda maternità mi sono trovata una sorpresa. Hanno detto che dovevano rivedere uffici, ho chiesto più volte perché ero lì e non facevo niente ma non me l’hanno mai spiegato”.

Durissimo, sul tema, il commento dei funzionari Uilm Torino, Ciro Di Dato e Francesco Messano: “È così che prende forma un licenziamento grottesco che l’azienda prova a giustificare legandolo ai rincari energetici e delle materie prime, come se licenziare una lavoratrice dopo 18 anni di sacrifici risolvesse questo problema. Crediamo che di fronte alle difficoltà finanziarie con cui motiva il licenziamento, la proprietà avrebbe dovuto aprire un tavolo di discussione con le organizzazioni sindacali con l’intento di utilizzare tutti gli strumenti previsti per salvaguardare l’occupazione. Probabilmente qualcuno in modo strumentale ha ritenuto più conveniente licenziare la nostra delegata, non accontentandosi di averla già demansionata tempo fa in quanto colpevole di un’assenza dovuta alla maternità. In mancanza di riscontri da parte dell’azienda, lo sciopero odierno è solo l’inizio delle mobilitazioni”.

Un problema diffuso? 

Il licenziamento di una donna dopo la maternità è una questione spinosa che riguarda molte madri lavoratrici in tutto il mondo. La discriminazione nei confronti delle donne in gravidanza o in congedo di maternità è vietata dalla legge in molti paesi, ma purtroppo continua ad essere un problema diffuso.

Il licenziamento di una madre lavoratrice può avere conseguenze devastanti sulla sua vita e su quella della sua famiglia. Non solo perde il lavoro, ma spesso anche l’accesso ai benefici previsti dal posto di lavoro. Inoltre, può essere difficile trovare un nuovo lavoro, soprattutto se si è appena diventati genitori.

La discriminazione nei confronti delle donne in gravidanza o in congedo di maternità è spesso subdola e difficile da provare. Le aziende possono trovare scuse per licenziare una donna, tuttavia, spesso queste scuse sono solo coperture per un licenziamento discriminatorio.

Per combattere questo problema, è fondamentale che le donne lavoratrici siano informate dei loro diritti e sappiano come farli valere. Inoltre, le aziende dovrebbero essere tenute ad attuare politiche di parità di genere e di conciliazione dei tempi di vita e lavoro.

Inoltre, le politiche governative e le leggi devono essere riformate per proteggere le madri lavoratrici, come ad esempio la fornitura di congedi retribuiti più lunghi per i genitori e sostegni economici per le famiglie in difficoltà.

In conclusione, il licenziamento di una donna dopo la maternità è un problema serio che colpisce molte madri lavoratrici in tutto il mondo. Bisogna agire per proteggere i loro diritti e combattere la discriminazione. Le aziende, i governi e la società in generale devono fare la loro parte per garantire pari opportunità per le donne lavoratrici e le loro famiglie.

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