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07 Marzo 2021 - 12:01
Max Gazzè sul palco dell'Ariston
CHIVASSO. “Caro Max Gazzè… noi non abbiamo la soluzione, ma abbiamo lavorato anche a rischio della vita”. Il farmacista Gianluigi Scala scrive al cantautore romano, in gara a Sanremo, per il testo della canzone “Il farmacista”.
Il festival di Sanremo è finito ma, come tutte le edizioni, continua a far parlare di sè.
E’ stato sempre così in passato e lo è oggi, ancora di più, per un’edizione segnata dall’emergenza sanitaria che ha costretto gli organizzatori a mantenere vuoto il Teatro Ariston.
Tra le tante che se ne sono sentite, una arriva anche da Chivasso, la città dei nocciolini e di Simona Ventura.
Il farmacista Gianluigi Scala, conosciutissimo in città, titolare della farmacia Fassola sotto i portici di via Torino, appena sentita l’esibizione del cantautore romano - giunto al diciassettesimo posto con la sua “Il Farmacista” - ha preso carta e penna, pardon ipad, ed ha scritto a nientepopodimeno che Max Gazzè.
Il motivo? Semplice: la canzone non lo rappresenta. Anzi, offende una categoria.
“Caro Signor Max Gazzè - scrive Scala - mi permetto di scriverle dopo aver visto e ascoltato ieri sera la sua esibizione al Festival di Sanremo, nell’esecuzione della canzone “Il Farmacista”. Devo confessarle che, incuriosito dal titolo, ho ricercato le parole della sua composizione e ho trovato un testo sicuramente sarcastico e allegramente musicato. La sonorità accattivante…”.
“L’unico rammarico che ho e che le esprimo in tutta franchezza è che nel titolo si citi il Farmacista - prosegue Scala - e poi nella canzone si descriva il soggetto ispiratore, come propinatore di facili soluzioni per qualsivoglia imperfezione. Certamente il suo è un testo ironico, ma il tutto viene fatto citando la professione che esercito da oltre quarant’anni.
Mi creda, noi non siamo quelli che hanno la verità in tasca. Come i miei colleghi ogni giorno, da dietro al banco delle farmacie, tentiamo di aiutare le persone che vengono da noi, offrendo consigli ma soprattutto ascoltando. E lo abbiamo fatto quotidianamente anche in questo anno difficile di pandemia. Lo abbiamo fatto accogliendo tutti e rassicurando tutti anche quando i medici di famiglia erano oberati di richieste e i pronto soccorso un luogo divenuto molto pericoloso nell’immaginario collettivo. Noi siamo rimasti in farmacia, anche senza le mascherine introvabili e abbiamo offerto quello che la nostra laurea ci ha dato modo di dare ai nostri clienti: informazioni, rassicurazioni e
consigli per terapie, anche naturali sì, ma tutto solo e sempre per vivere meglio, anche i mesi di questo brutto periodo”.
“Siamo rimasti ad esercitare la professione - conclude il farmacista chivassese -, anche a rischio della vita e purtroppo sono molti i colleghi morti perché contagiati dal virus, mentre lavoravano nelle loro farmacie. Non me ne voglia, ma non mi ritrovo affatto raffigurato da quel soggetto disegnato nella sua canzone, che declama per ogni evenienza : “Io ho la soluzione” (Si può fare) e quindi non comprendo il titolo della sua lirica che avrei preferito facesse riferimento ad un ipotetico e variopinto inventore chimico, ma non al “Farmacista”.
La ringrazio per l’attenzione e cordialmente mi scuso per la mia critica che non vuole affatto inficiare il valore artistico della sua espressione musicale”.
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