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10 Febbraio 2021 - 11:28
Vinicio Milani dell’ANPI
Diverse sezioni Anpi tra cui Chivasso e Montanaro insieme ad altre hanno promosso una serie di incontri sul “Fascismo, Guerra e Foibe, tra Storia e Propaganda”. Prima con lo storico Eric Gobetti che ha presentato il libro “E allora le Foibe?”, poi con lo storico Davide Conti che ha presentato “L’occupazione italiana dei Balcani. Crimini di guerra e mito degli italiani brava gente”, quindi il prossimo 17 febbraio con gli storici Carlo Greppi e Francesco Filippi che interverranno su: “L’Antifascismo e la Resistenza partigiana alla prova del “giorno del ricordo - Come e perché i neofascisti oggi rialzano la testa”.
“In rete, qualcuno grida che siamo negazionisti - inforca Vinicio Milani, presidente -. L’Anpi non è negazionista, ne tanto meno il sottoscritto e chi lo afferma certamente non sa di cosa sta parlando. Il primo e vero negazionismo è stato quello delle destre nei confronti della Resistenza, e della Shoah a partire dal Movimento sociale italiano fino alle destre di oggi”.
“Con le iniziative promosse dall’Anpi non si negano le vicende delle foibe - prosegue Milani -. Questi incontri, attraverso l’aiuto di studiosi, storici e ricercatori, cercano di comprendere storicamente “le foibe”, mettendole in relazione alle dinamiche della seconda guerra mondiale (vale a dire all’occupazione militare della Jugoslavia da parte delle truppe italiane e tedesche) e alla precedente «nazionalizzazione» forzata delle minoranze slave da parte della dittatura fascista. Infatti la stessa legge che istituisce il Giorno del ricordo del 10 febbraio segnala quei fatti come parte di una «più complessa vicenda del confine orientale>>”.
“Purtroppo - continua il presidente Anpi - nel nostro Paese la memoria è sempre monca, si dovrebbe ricordare tutto, non solo quello che ci fa comodo, di certo – per quel che riguarda il fascismo e il periodo coloniale, anche prefascista – la gente, le istituzioni e la scuola non ricordano le responsabilità italiane in stragi e genocidi: dall’Etiopia alla Libia, dalla Somalia (abbiamo ottimi primati nell’uso dei lager e gas) fino – appunto – ai territori occupati nell’ex Jugoslavia. Su quest’ultimo fronte, quasi nessuno racconta che quella ingiustificabile carneficina operata dai titini era stata preceduta dai massacri compiuti dagli italiani agli ordini di Mussolini”.
“Quanti hanno mai sentito parlare del campo di concentramento per internati civili di Arbe (oggi Rab, in Croazia) - conclude -, voluto e gestito dal Regio esercito italiano tra il luglio ’42 e l’8 settembre ’43, è stato il peggior luogo di internamento italiano della Seconda guerra mondiale. In circa 15 mesi, si stima che nel campo siano morte per fame, freddo e malattie circa 1500 persone, tra cui 163 bambini. Complessivamente, per il campo sarebbero passate almeno 10 mila persone, inclusi vecchi, bambini e donne. Purtroppo, il mito “italiani brava gente” ci ha impedito troppo spesso di ragionare su queste cose”.
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