L’amore non ha età e a un chiassose attempato è capitato di infatuarsi di una commerciante del paese, al punto da non riuscire più a togliersela dalla testa, al punto da diventare, per lei, un’ossessione quotidiana. Sotto al negozio o sotto casa a tutte le ore del giorno e della notte. Lettere intrise di sentimento e disperazione ma anche astio e vendetta al punto da minacciare amici e colleghi di lavoro. Oggi quel sessantenne pazzo d’amore si trova imputato con l’accusa di stalking. Il processo è cominciato lunedì scorso di fronte al giudice Elena Stoppini del Tribunale di Ivrea per fatti cominciati nel 2009 e tutt’ora in corso. “Non vivo più, sono stata costretta a cambiare tutte le mie abitudini, non so più che fare” si era rivolta in questo modo alle forze dell’ordine la donna amata. E l’elenco delle contestazioni nelle mani del Pubblico Ministero Roberta Bianco è piuttosto sostanzioso. Secondo l’accusa l’uomo, A. B., classe 1952, difeso dall’avvocato Filippo Amoroso del foro di Ivrea, avrebbe confessato i propri sentimenti, per la prima volta, nel febbraio di sei anni fa, presentandosi nel negozio della commerciante. “Comincia una relazione con me, ti prego…” le avrebbe proposto, grosso modo. Salvo cominciare ad insistere e insistere, nonostante il chiaro diniego della donna. A quel punto avrebbe cominciato a corteggiarla senza sosta, inviandole mazzi di fiori in più occasioni, biglietti, regali, questi ultimi tutti restituiti. Le scriveva lettere con cadenza settimanale. Le telefonava ripetutamente sul suo numero di casa e del negozio, anche di notte. Si appostava monitorando l’ingresso dei clienti. Avvicinava addirittura alcuni amici di lei per sapere in che rapporti fossero. Sostava sotto la sua abitazione, la attendeva di notte, manifestava ripetutamente la speranza che i genitori della donna morissero. Un incubo, insomma. A cui si sarebbero sommate le intimidazioni, tanto da rendere questi sei anni un inferno. La intimidiva, per esempio, scrivendole di non parcheggiare più il suo furgone all’interno del cortile condominiale e inviava la medesima comunicazione all’amministratore di condominio. Controllava tutti i suoi movimenti e spostamenti, la minacciava e la molestava. “Vivo in uno stato di ansia e paura, per me stessa e per i miei genitori” sostiene la vittima che sarà sentita il 20 ottobre 2016, data a cui il giudice ha rinviato il processo per sentire i testimoni e per la discussione.
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