Umberto Eco ci ha lasciati. L'autore de "Il nome della rosa" , filosofo eccentrico e scrittore, stimato in tutto il mondo, se n'è andato il 19 febbraio scorso nella sua casa di Milano a causa di un tumore al pancreas. Rinaldo Doro, musicista chivassese, lo aveva conosciuto personalmente, il Professore. Tanti anni fa. Ma il ricordo non è sbiadito. Affatto. Come potrebbe. Personaggi così non si incontrano tutti i giorni. Ed Eco e Doro, quest'ultimo nel suo "piccolo", condividevano la passione per la storia medievale. E' a questo periodo che risale la ghironda suonata dal chivassese, cordofono a corde strofinate da un disco. Ed in questo periodo è ambientato il romanzo più celebre, da cui fu tratto il film che ebbe come protagonista Sean Connery. "Era la festa per il matrimonio del figlio di Gianni Coscia, fisarmonicista alessandrino e amico intimo di Umberto Eco – ricorda l'artista nostrano, appassionato di strumenti antichi, tra l'altro fondatore del gruppo di rock progressivo "I Caliope", nato a Torino nel lontano 1989. "Il pranzo di nozze – racconta Doro - si svolse al castello di San Giorgio Monferrato, dove eravamo stati invitati come "Tre Martelli". Il professor Eco arrivò poco dopo, in lieve ritardo, accompagnato dalla moglie. Appena superate le formalità del caso con i conoscenti, arrivò di corsa dal suo tavolo (che era vicino a quello nostro), chiedendo in prestito uno strumento (il flauto di Bojoli!) e suonando allegramente con noi". Doro ricorda Eco come "un uomo di compagnia" e quella sera fu una "normale cantata e suonata tra amici, con canzonacce in piemontese... che non riferirò!". Ad un certo punto il chivassese osò timidamente domandare: "Professore, non l'ha mai suonata una ghironda?", "No, mai!" gli rispose a lui. "Allora – lo invità Doro -, le piacerebbe provare?". Sistemò la cinghia e gliela allacciò alla vita, la sua "Coriani" a liuto. "Pensa te – riflette tra sé Doro -, io che insegnavo come suonare la "vielle" a Umberto Eco!!! Gli misi la mano sulla manovella nella maniera usuale e lo incitai a suonare, a far vibrare la "trompette"... Ecco un bel ricordo, la mia ghironda suonata da Umberto Eco!". Non esistono foto di quei momenti. "E per fortuna – dice il nostro artista -, sarebbero state fuori luogo, lui era come uno di noi: si cantava, si suonava e si faceva festa in maniera amichevole e spontanea, eravamo tutti "caciaroni". Non lo rividi mai più. O almeno, lo rividi come tutti gli altri: in tv e in libreria. Grazie del bel pomeriggio, "Prufessur". Ci mancherà la tua lucidità d'animo".
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