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04 Ottobre 2014 - 14:50
tribunale
Aveva richiesto in modo pressante denaro ad un'edicolante. Una sorta di pizzo. Per questa ragione, denunciato dalla vittima, era finito nei guai, con le accuse di estersione e molestie, Pasquale Rullo, classe 1951 e residente a Castellamonte.
L'uomo, difeso dall'Avvocato Massimo Campanale, è stato condannato, l'altra settimana, con sentenza pronunciata dal giudice Marianna Tiseo del Tribunale di Ivrea, a tre mesi di reclusione, al risarcimento dei danni e al pagamento delle spese legali e processuali. Il capo di imputazione è stato però derubricato al reato, più leggero, di esercizio arbitrario delle proprie ragione, mentre per le molestie è intervenuta la prescrizione.
I fatti sono stati ricostruiti attraverso la testimonianza della vittima, Maria Rosa Borin, anche lei di Castellamonte, costituita parte civile con l'Avvocato Manuel Peretti. Ancora molto impaurita per quegli apisodi risalenti a sei anni fa, aveva raccontato che Rullo si era presentato diverse volte da lei, all'edicola nella piazza di Baldissero, ormai chiusa, per chiederle del denaro, senza mai quantificare la cifra, ma utilizzando toni piuttosto intimidatori, e arrivando a metterle le mani addosso: "devi darmi i soldi. Se no ti succede qualcosa, va a finire male". L'episodio più grave il 5 ottobre 2008. La Borin, spaventata a morte, aveva chiamato al telefono un'amica, Lina Mazzone, la quale, partita da Spineto, ha confermato di aver visto Rullo scappare, una volta arrivata sul posto.
Qualche giorno dopo Rullo avrebbe inseguito Borin in auto per tutta Castellamonte, poi, davanti ad un semaforo, sarebbe sceso a evrebbe cominciato a battere i pugni sul vetro e urlare. I testimoni della parte civile hanno confermato lo stato di angoscia in cui Borin vive tutt'oggi. Teme di tornare a casa da sola. Cerca di frequentare il meno possibile i luoghi pubblici per evitare di imbattersi nello nsguardo minaccioso del suo estorsore.
La difesa, affidata all'Avvocato Campanale, ha invece sostenuto che Rullo aveva diritto ad un pagamento, essendosi prestato a suo tempo come intermediario nella vendita di quell'edicola: l'aveva riscattata e rivenduta alla Borin. Ma, alla decisione della donna di chiudere, aveva preteso una buonuscita.
Una richiesta che, secondo la parte civile, intenzionata a far ricorso in Appello, non sta nè in cielo nè in terra, in quanto Borin aveva pagato otto milioni di vecchie lire per prendere l'attività, saldando tutto, e i rapporti si era interrotti lì. Nel 2010 la chiusura e la consegna della licenza in Comune.
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