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CASALBORGONE. Leggo e mi domando: a che servono i Consigli comunali?

CASALBORGONE. Leggo e mi domando: a che servono i Consigli comunali?

La presunta “Arte Urbana” messa in scena a CasalborgoneLa presunta “Arte Urbana” messa in scena a Casalborgone

Riceviamo e pubblichiamo.

Il recente scambio di lettere pubbliche, sul giornale La Voce, fra il consigliere di maggioranza Veneruso e quello di minoranza Baggio è significativo sia per chi si occupa di politica sia per chi si occupa di ortografia e sintassi. Bisogna oggettivamente riconoscere che quanto alla grammatica Eugenio Baggio sbaraglia Domenico Veneruso, ma sotto questo aspetto sarà facile correre ai ripari magari grazie all’aiuto dell’ex maestra Caramellino. 

Il punto politico è invece più aperto alla discussione. In sintesi, il consigliere Baggio osserva, in primo luogo, che i Consigli comunali online vengono resi pubblici con grande ritardo (e questo è un dato di fatto) mentre potrebbero essere svolti consentendo ai cittadini interessati di assistere come uditori, avvicinandosi quanto più è possibile alla situazione del Consiglio in presenza. Problemi tecnici non ce ne sono, aggiungo io: è solo questione di volerlo fare oppure no. In secondo luogo, Baggio sostiene che Veneruso lo abbia invitato a discutere innanzitutto in Consiglio anziché rivolgersi alla stampa per spiegare le posizioni della minoranza e informarne i cittadini. In terzo luogo, Baggio ritiene che Veneruso abbia alla fin fine candidamente ammesso che se in Consiglio tutto appare già deciso, e dunque il Consiglio medesimo appare svogliatamente rituale e puramente formale anziché sede di animate discussioni aventi per oggetto il bene di Casalborgone, è perché i consiglieri di maggioranza si riuniscono privatamente e in quelle riunioni, senza dubbio lecite ma altrettanto certamente né pubbliche né istituzionali, raggiungono gli accordi che poi in Consiglio occorre solo ratificare.

Nella sua risposta Veneruso ammette che in effetti i consiglieri di maggioranza arrivano in consiglio compatti, dopo aver deciso in riunioni private, di cui nessun cittadino può sapere nulla, la posizione da assumere. Di conseguenza il Consiglio, il momento pubblico, accessibile ai cittadini, è una formalità da sbrigare in fretta (votiamo!), per non dire proprio una seccatura purtroppo inevitabile. Al tempo stesso Veneruso preferirebbe che Baggio discutesse in Consiglio comunale e non facesse troppo uso della stampa per illustrare le sue idee ai cittadini. La libertà di stampa è sacra – ci mancherebbe!, afferma con enfasi Veneruso – ma dietro l’enfasi su ciò che dovrebbe essere scontato si nasconde sempre un qualche fastidio. Qualcosa che in fondo si tollera, ma malvolentieri. Se Baggio non scrivesse tanto, sarebbe meglio, no? Se facesse l’opposizione di sua Maestà, potremmo graziosamente prenderlo in considerazione e magari fargli anche qualche complimento. Invece, cito Veneruso, “prendo atto che da parte di Baggio c’è più volonta di mettere in ridicolo i colleghi consiglieri e avversari politici travisando e mistificando le cose dette. Cosa che non fà parte del mio costume politico” (non mi sono permesso di correggere l’ortografia).

Insomma, stringi stringi, non va bene nulla, né quello che dice Baggio in Consiglio né il fatto che si esprima sui giornali. Non ci vuole molto a capire che, al di là dei “ci mancherebbe” di circostanza, se Baggio stesse sempre zitto e magari votasse anche con la maggioranza sarebbe secondo Veneruso il consigliere di minoranza ideale. Magari, se si comportasse bene, lo si potrebbe anche invitare a quelle riunioni in cui quatti quatti, al riparo da occhi e orecchi indiscreti, si prendono davvero le decisioni. Così, con un accordo totale, e totalizzante, raggiunto prima di arrivare alle sedi istituzionali, si potrebbero porre le condizioni per amministrare “ancora meglio”, parola di Veneruso, Casalborgone, senza nessuno a disturbare un minimo il manovratore. Per amministrare “ancora meglio” Casalborgone – o anche solo un po’ meglio – non ci vorrebbe poi molto, ma questo è un altro discorso e magari lo facciamo un’altra volta. E pensare che io mi ricordo questo signore volantinare contro il referendum proposto nel 2016 da Renzi, convinto (suppongo) che limitasse gli spazi della democrazia e della partecipazione. Già, come passa il tempo. 

A cosa serva la stampa lo si capisce comunque da un breve articolo su Casalborgone della Periferia, dal titolo “Quattro sedie abbandonate diventano un salotto in (sic!) plein air. Due consiglieri raccontano questa storia nata per caso che ha portato a una sorta di Arte Urbana”.  Mimmo Veneruso e Tamara Iannello raccontano di aver recuperato quattro vecchie sedie e di averle poste grosso modo in cerchio nell’isola ecologica davanti al cimitero, con vista e olfatto sui cumuli d’immondizia che spesso deliziano i passanti. Non soddisfatto, il passante potrà fermarsi a ammirare lo spettacolo, meglio se facendo esercizi di respirazione, inalando con voluttà gli effluvi che dovessero impregnare l’aria. E questo sarebbe un esempio di Arte Urbana, sul modello di San Salvario a Torino! In piemontese si direbbe che “ci vuole un bel toupé” a azzardare un accostamento del genere. Ma meglio fermarsi qui e non sapere, per carità di patria, quale sia il sacco da cui proviene questa farina.

Ermanno Vitale

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