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01 Ottobre 2014 - 20:33
Oltre 200 presidi per più di 1600 produttori. Questi sono i numeri che Slow Food muove in Italia. E proprio i presidi, realtà che hanno l’obiettivo di sostenere produzioni e valori locali, sono aumentati di un’unità lo scorso giovedì, con la conferenza che ha sancito ufficialmente l’ingresso del vino Carema nella esclusivissima élite di prodotti che compongono il paniere della associazione ormai famosa in tutto il mondo.
Presenti all’incontro, oltre al vicesindaco di Carema Sandro Gassino e a Viviano Gassino, Presidente della Cantina Produttori Nebbiolo di Carema, anche importanti nomi del marchio Slow Food, come Davide Panzieri, curatore della guida Slow Wine, Mariangela Susigan, chef e membro dell’Alleanza Slow Food dei Cuochi, Gualtiero Freiburger, responsabile Settore Colture Agrarie e Piero Sardo, presidente della Fondazione Slow Food per la biodiversità.
Oltre al Carema, chiaramente protagonista assoluto della serata, tema centrale è stata la salvaguardia delle eccellenze italiane. Qualità, controlli specifici e peculiarità tipiche solo dei prodotti enogastronomici italiani sono aspetti conosciuti in tutto il mondo ma, purtroppo, sfruttate solo in rarissimi casi al pieno delle loro potenzialità. Molto spesso si tendono erroneamente a dare per scontate. Questo il nucleo di uno tra i più significativi interventi della serata, quello di Piero Sardo, il quale si è scagliato contro la superficialità di alcuni luoghi comuni e contro le grandi industrie, colpevoli, secondo lui, di invadere nicchie di mercato che non dovrebbero.
"Molto spesso - ha affermato Sardo - si dice che il cibo per l’Italia è una ricchezza equiparabile al petrolio. Questa è la testimonianza di come verso questi argomenti sia usato ancora un approccio sbagliato. I nostri prodotti sono si una ricchezza, ma al contrario del petrolio hanno bisogno di cure e di attenzioni. Finché non si capirà questo, di strada se ne farà poca, anche perché ora più che mai siamo arrivati al limite della salvaguardia delle piccole produzioni. Sempre più spesso le grandi aziende tendono a sconfinare nel target di clientela solito di quelle piccole. Al giorno d’oggi le industrie sono troppo potenti. L’unica soluzione che ci rimane è quella di educare e istruire il consumatore finale, affinché possa tornare a fare scelte consapevoli, senza mettere in competizione merci di natura diversa".
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