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CANDIA. 1 anno e 4 mesi per lo stalking. E' tornato in Francia ma non può avvicinarsi

CANDIA. 1 anno e 4 mesi per lo stalking. E' tornato in Francia ma non può avvicinarsi
Oggi è tornato a vivere in Francia. Ha lasciato Candia. “Perché, appreso di questa vicenda, mi sono sentito prendere in giro da alcune persone, allora ho deciso di cambiare residenza…”. Via, ma non per sempre. Jean Paul Nurdir ha messo in vendita la sua casa nel verde canavese ma l’altra settimana è tornato per il processo che lo vedeva imputato per stalking nei confronti di una ex fidanzata ed ex compaesana. Ormai, con le migliaia di chilometri che li dividono, il giudice Ombretta Vanini del Tribunale di Ivrea ha deciso revocare alcune misure cautelari, almeno l’obbligo di presentazione davanti alla polizia giudiziaria ma lasciando l’obbligo di non avvicinarsi alla donna e di non provare a comunicare con lei. A dispetto della distanza fisica, infatti, oggi come oggi, c’è lo spazio virtuale. Ed è anche attraverso i social che Nurdir, con la maturità dei suoi 50 anni, dal 2014 ad oggi, avrebbe cercato contatti con la donna, per convincerla a ritornare con lui. La sua caparbietà non ha funzionato. Non solo la ex non è tornata fra le sue braccia ma lo ha denunciato e ieri pomeriggio Nurdir ha rimediato una condanna ad 1 anno e 4 mesi di reclusione oltre al risarcimento dei danni e al pagamento delle spese processuali. Ma poteva andargli peggio: il Pubblico Ministero Roberta Bianco ne aveva chiesto la condanna a 2 anni e 7 mesi additando anche i tentativi, dell’uomo, di screditare la vecchia fiamma, facendola passare per “pazza”, per una che avrebbe reagito sotto l’effetto di psicofarmaci. Addirittura raccontando, in aula, le loro abitudini sessuali. Un atteggiamento “denigratorio” che non è andato già al magistrato. Alle spalle una breve storia, un fuoco di paglia. Eppure Nurdir avrebbe davvero sperato, e creduto, che potessero costruire qualcosa insieme. “Se il carattere doloso di un reato - ha fatto presente l’avvocato Giovanni Coniglio nella sua arringa difensiva - è il frutto di ciò che si vuole ottenere, qui non è certo il possesso, non è il far proprio qualcosa con ogni mezzo, rendendo la vita terribile finché non ci si rimette insieme: il mio assistito voleva solo aiutare una donna che era rimasta da sola, con un bambino, un lavoro precario. Ha sbagliato modalità? Forse. Non si è arreso subito? Forse. Ma non ci troviamo di fronte ad una persona potenzialmente pericolosa”. Nurdir ha atteso il verdetto chino sul banco, una tuta da ciclista addosso, la sua passione. Al suo attivo c’è una sfilza di sms, messaggi su facebook, richieste di un incontro chiarificatore che ad un certo punto avrebbe ottenuto dai familiari di lei, un’incursione presso la lavanderia della madre, cartoline inviate dall’estero senza firma. Comportamenti che la difesa ha tentato con ogni mezzo di sminuire riducendo la condotta ad una premura smisurata. “Non è pazza la persona offesa - ha replicato il Pm -, spesso dietro queste vicende si trova solo una fragilità tale da non riuscirne nemmeno a parlare con i familiari”.
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