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24 Novembre 2020 - 10:58
E’ il capitano del Settimo. E’ uno dei fedelissimi di mister Vincenzo Piazzoli. Simone Salerno, classe 1993, grintoso difensore in grado di giocare sia al centro che sulle corsie esterne. Barba hypster in stile Sergio Ramos, campione apprezzatissimo: “Che giocatore, dominante”. Tutto è partito dalla sua San Mauro. Per 8 anni tra Scuola Calcio e Giovanissimi si è vestito di gialloblu e poi ha spiccato il volo giocando tra le squadre più prestigiose del Piemonte. Tre anni alla Pro Vercelli, uno al Canavese, in quella Berretti allenata da Simone Banchieri che ha dominato il campionato Nazionale mettendosi alle spalle anche il Milan. Poi l’approdo in prima squadra a Chieri in serie D (una presenza e un gol in pochi mesi), ma a dicembre la voglia di giocare lo porta alla Biellese in Eccellenza. L’appuntamento con la D è rinviato solo all’estate successiva quando arriva la chiamata del Derthona guidato da Banchieri. Una gran bella stagione tanto che quando tornerà a Tortona da avversario con il SanMauro riabbraccerà i tifosi di un tempo. Il ritorno a Biella e poi l’approdo al Caselle di Alessandro Goria per un’annata non troppo fortunata dal punto di vista sportivo, ma umanamente stringe una forte amicizia con Stefano Fioccardi. CBS, Venaria (pochi mesi sotto la guida tecnica proprio di Fioccardi alla sua prima esperienza in panchina) poi con la “regia” di Stefano Gurlino arriva la chiamata dell’Atletico Torino allenato da Piazzoli e la vittoria del campionato di Promozione. Il richiamo di casa è forte e Salerno torna a SanMauro nel 2017 per vivere un’annata travagliata, ma dal finale epico con la salvezza ottenuta proprio grazie ad un suo gol. L’anno successivo con la sua seconda pelle, ovvero la maglia gialloblu, e con Piazzoli in panchina sfiora il salto in Eccellenza. Nell’estate del 2019 il focoso tecnico romano se lo porta con sé a Settimo, riconquista l’Eccellenza e al suo braccio in questa stagione c’è anche la fascia di capitano. Un riconoscimento prestigioso a cui se ne è aggiunto da poco un altro nella vita, decisamente più importante: la laurea magistrale in Scienze Motorie. Tesi? La scelta d’acquisto delle scarpette dei calciatori.
Simone, se ti volti indietro cosa dice la tua carriera fino a questo momento.
Sono soddisfatto. L’anno al Canavese è stato determinante per la mia crescita: facevo parte di una squadra devastante. Il passaggio tra i grandi è sicuramente stato un po’ più difficile, ma con gli anni ho trovato la mia dimensione. A Chieri il mio capitano era Claudio Grancitelli, un giocatore che ho sempre apprezzato. E adesso a Settimo mi sono ritrovato con la fascia al braccio a giocare al suo fianco. Qualcosa di buono forse l’ho fatto.
Qualche rimpianto?
Avrei voluto vivere qualche esperienza in più in serie D. Ma soprattutto mi sarebbe piaciuto continuare a giocare a SanMauro dopo la splendida stagione 2018/2019. L’anno prima ci siamo salvati all’ultimo minuto, e in quell’annata siamo arrivati ad un centimetro dall’Eccellenza. Si era creata un’alchimia in quel gruppo che sono certo ci avrebbe permesso di giocare insieme per lungo tempo. Purtroppo i problemi societari ci hanno allontanati da SanMauro.
L’allenatore a cui sei più legato.
Ho avuto rapporti positivi con tutti. A partire dal primo nelle giovanili del SanMauro, Franco Di Marco che mi ha allenato 7 anni. Poi Simone Banchieri che ho avuto al Canavese e al Derthona. Dall’elenco non può mancare Stefano Fioccardi, il mio primo “papà” in campo e poi in panchina a Venaria, dove sono andato a giocare solo perché c’era lui. Ultimo, ma solo per ordine di tempo se no chi lo sente quando ritorneremo a giocare, Vincenzo Piazzoli: dopo aver vinto il campionato con l’Atletico Torino ho spinto per portarlo a SanMauro e la scelta si è rivelata azzeccata.
Un calciatore che vorresti sempre in squadra con te.
Michele Spoto è il primo nome che mi viene in mente. Un giocatore fortissimo che anche in allenamento faceva vedere cose straordinarie. Sta dimostrando il suo valore anche in serie D e gli auguro il meglio. Poi c’è Cristian Di Leo, eravamo insieme a Derthona e a mio giudizio è il difensore centrale più forte con cui ho mai giocato. Una menzione particolare la merita anche Fioccardi: con lui ai tempi del Caselle si è creato un rapporto umano davvero speciale.
Un attaccante che ti ha fatto soffrire più degli altri.
Ai tempi della Pro Vercelli ho affrontato giocatori come Stefano Beltrame del Novara, Amato Ciciretti e Gianluca Caprari che in quegli anni militavano nella Roma. Tutta gente che ha raggiunto i massimi livelli.
Un calciatore a cui ti ispiri.
Qualcuno in passato mi ha paragonato a Fabio Cannavaro per le caratteristiche fisiche. Carles Puyol è stato un modello a cui ispirarmi.
Il tuo gol più bello.
Senza dubbio quello che ha permesso al SanMauro di restare in Promozione nel playout del 2018 contro il Lascaris. Ci bastava il pareggio, ma eravamo sotto 2-1 a 4’ dalla fine dei supplementari. Mister Rosario Ligato mi ha spostato in avanti perché non avevamo più nulla da perdere e quasi allo scadere ho estratto il coniglio dal cilindro: un tiro a giro che si è infilato all’incrocio dei pali e ci ha regalato la salvezza. Il gol più bello in uno dei giorni più emozionanti della mia carriera. Dopo quella partita mi sono fatto tatuare un cuore gialloblu a simboleggiare l’amore che nutro per questi colori. C’è da dire che mi sono tolto la soddisfazione di segnare in tutte le categorie in cui ho giocato, dalla Promozione alla D.
La tua partita più bella.
Ricordo con piacere una sfida vinta per 3-2 con la Sampdoria quando militavo negli Allievi Nazionali della Pro Vercelli. Era il giorno del mio compleanno e mi sono “regalato” il gol del momentaneo 2-2. Una menzione la merita anche SanMauro-Cbs 6-3 del 2018/2019.
La partita che vorresti rigiocare.
La sfida playoff sempre con la Cbs del 2019 persa 1-0: non ero al meglio fisicamente e non ho potuto dare quello che avrei voluto. Peccato, perché vincendo quella partita avremmo coronato una stagione irripetibile.
E’ domenica di campionato. Suona la sveglia. Qual’è il tuo primo pensiero.
Inevitabilmente penso alla partita che andrò ad affrontare. A pranzo mangio sempre pasta in bianco e bresaola e poi di corsa al campo. Mi piace arrivare con un bel po’ di anticipo al campo per trovare la giusta concentrazione assaporare ogni momento e tutte le sensazioni del caso. Capisco subito se la giornata può essere buona o no.
In tanti anni di calcio a Simone Salerno è capitato anche di essere abbandonato in mezzo alla strada da un compagno di squadra...
Già, mi è successo anche quello. Il giorno in cui abbiamo vinto il campionato con l’Atletico Torino sono andato al campo con Stefano Gurlino. Quando ha scoperto che non avrebbe giocato si è arrabbiato con mister Piazzoli e appena finita la partita ha preso la borsa e se ne è andato via lasciandomi a Grugliasco. Poi è tornato indietro a riprendermi. Ogni tanto pensiamo ancora a quel giorno e ci facciamo su una bella risata.
C’è ancora Piazzoli tra gli aneddoti più curiosi.
Era la settimana che ci portava alla sfida con la Cbs, quella vinta 6-3. Il mister era squalificato e durante un allenamento ha radunato la squadra e ci ha detto “In panchina al posto mio ci viene il direttore sportivo Vito Bellantuono e io me ne sto a guardarvi sulla collinetta co’ a bibita”. Siamo scoppiati tutti a ridere perché il mister sovente se ne esce con frasi in romanesco e questa espressione è diventata un must negli anni a venire
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