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10 Giugno 2015 - 08:31
Stefano The Hammer Abatangelo
La boxe per Stefano Abatangelo è la passione di una vita, seconda solo alla famiglia e agli affetti. Venerdì sera, sul ring di Cattolica, il pugile professionista di Montanaro non è riuscito a rimettere le mani sul Titolo Italiano dei Pesi Mediomassimi, sconfitto con verdetto ai punti dall’italo-albanese Orial Kolaj, ma ha dato tutto sé stesso, fino all’ultimo secondo delle dieci riprese in programma e questa sua grande passione non viene assolutamente scalfita. Sul verdetto finale dei tre giudici nominati dalla Federazione Pugilistica Italiana (Alessandro Roda, Massimo Mordini e Sauro Bertaccini) pesano i due richiami ufficiali inflitti dall’arbitro Antonio Giubelli nel corso del match a The Hammer per testa bassa, ma la considerazione è sempre la solita: fuori casa, nella boxe, vincere è un’autentica impresa. I cartellini dei giudici a fine incontro sono questi (96-94, 96-93, 97-91) e davvero qualcuno ci dovrebbe spiegare come in un incontro equilibrato ed incerto come questo sia stato possibile un 97-91 finale, ma bisogna mettersi il cuore in pace: il pugilato, ad alti livelli e non solo, è questo. Ci sono cose nel mondo dello sport che non si possono (o non si vogliono) cambiare e quando di mezzo c’è un giudizio umano tutto si fa ancora più complicato. E allora cosa si può fare in questi casi? Rendere merito ai campioni e ai vinti, uniti da sacrifici, rinunce, fatica, sudore ed emozioni e divisi solamente da un verdetto finale. La boxe deve portare in dote questo messaggio: smettere di esaltare solamente i vincitori, quelli che esultano, e considerare sullo stesso piano anche chi viene ritenuto sconfitto dai giudici. A Cattolica è vero, Abatangelo non è tornato ad essere campione italiano, ma per tutti noi, per tutti quelli che l’hanno seguito in Romagna o da casa attendendo notizie, per i suoi famigliari, è campione, così come lo è nella vita di tutti i giorni.
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