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Borgofranco d'Ivrea
06 Novembre 2022 - 22:25
La frana a Rio dei Mulini
Era il 5 novembre del 1993, e una tragedia si abbatteva sulla comunità di Borgofranco d’Ivrea. In quel giorno, un’enorme frana mise in pericolo la vita degli abitanti di Baio Dora, frazione borgofranchese, causando 2 morti e una lunga serie di case distrutte.
Un anno dopo, nel ‘94, madre natura si scagliava nuovamente su questa parte di territorio con un’alluvione, avvenuta in contemporanea con quella di Alessandria.
La frazione di Paratore il 7 novembre 1994
“Quella notte è stata tragica. Le strade erano tutte danneggiate e per la città c’era un metro d’acqua - dice Fausto Francisca, sindaco di Borgofranco d’Ivrea - la frana, causata dall’alluvione, partì da Piste e Pra Paciun, scese lungo i rii lo Riale, dei Mulini e San Michele, concentrandosi poi sulla frazione Paratore”. Piogge torrenziali, fiumi che esondano e acqua che si porta dietro pietre e massi, distruggendo le abitazioni e la vita delle persone.
Un capannone in Rio dei Mulini nel '94
Nel 2000, poi, a causa di un’altra alluvione, crollò il ponte di Montestrutto. “A seguito di tutti questi avvenimenti si smosse la coscienza civile - dice Francisca - vennero abbattuti dei ponti, alcune zone ricostruite di modo che si impedisse il passaggio di materiali franosi e molti rii vennero scoperchiati e arginati”.
Guardando a tempi più recenti, calamità naturali di questo genere non sono certo una novità, basti pensare all’alluvione che nel settembre di quest’anno ha colpito le Marche, causando 12 vittime e 50 feriti. Nel tempo, però, cosa è stato fatto dalle amministrazioni per impedire la tragicità di certi avvenimenti?
“É cominciata un’opera di difesa sia attiva che passiva. Sono stati creati dei gruppi di protezione civile, con squadre che venivano prontamente allertate e costanti segnalazioni di parte dei cittadini” afferma Francisca. Nel tempo, ingegneri e geologi avrebbero cominciato ad analizzare la fragilità del territorio e la composizione delle rocce, studiando l’intensità delle piogge e la capacità dei bacini territoriali.
“Uno dei nostri torrenti, che passava in mezzo al paese, era largo un metro. In caso di piena, stando ai calcoli, in quel tratto sarebbero passati 24 metri cubi di acqua al secondo: è logico che così tanta acqua non possa passare in un metro. Se poi vengono giù anche dei massi in esonda, la situazione è critica - spiega il primo cittadino borgofranchese - i letti di tanti fiumi erano ingolfati: con l’urbanizzazione ci si è messi a costruire ovunque, diminuendo la capacità dei corsi d’acqua”.
Via Marconi, a Borgofranco, dopo l'alluvione
Come misure di contenimento, al momento la Regione Piemonte avrebbe individuato tre tipi di “fasce”: A, B e C. La A va ad identificare un luogo in cui, a causa delle alluvioni, non si potrebbe costruire nulla; la fascia B tollererebbe l’agricoltura, mentre la C consentirebbe sia le coltivazioni che qualche insediamento. “Abbiamo anche creato degli scolmatori che in caso di pioggia permetterebbero alle acque di aggirare le abitazioni” commenta Francisca, per poi aggiungere: “a bordo di alcuni versanti sono state create delle briglie che possono fermare la venuta a valle dell’eroso, permettendo alla gente, in caso di allarme, di rallentare l’evento e scappare”.
Tra le altre misure rientra anche l’adozione di sensori che analizzano lo spostamento delle masse rocciose: “al momento sappiano che il terreno sopra Baio Dora si sposta di 3 cm l’anno. Nel tempo il terreno verrà giù, ma oltre ai sensori è stato creato un vallone difensivo che, in caso di frana, arresterà la caduta alle porte del paese” spiega il sindaco.
Ben vengano tutte le misure adottate; purtroppo, però, alle volte la memoria collettiva è troppo corta, andando a relegare al dimenticatoio fatti di capitale importanza per il territorio, si vedano i luoghi dove a seguito di tragedie si è comunque continuato a costruire (e speculare).
“Frane ed alluvioni ad oggi lasciano un segno che ricordano in pochi, ma nelle coscienze di chi ha vissuto questi eventi il segno è indelebile - ricorda Francisca - è chiaro che da ora in avanti dove non si può costruire non si costruisce, punto. Ricordare certi eventi rinfresca la memoria a tutti: insieme possiamo difenderci meglio, nessuno è escluso”.
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