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09 Marzo 2017 - 11:58
profughi
I sindaci di Borgaro e Caselle vivono ancora nell’incertezza sul tema immigrati. C’è chi lo fa con più pacatezza. Come Luca Baracco, primo cittadino di Caselle, dove potrebbero arrivarne 50, fa ancora una volta il pompiere e fa chiarezza: “Spazi sul territorio non ne abbiamo. Se i privati o le cooperative aderiranno al progetto dovranno anche spiegare, in maniera dettagliata, sia in Prefettura sia ai Comuni, come e dove vorranno ospitarli. Anche la logistica diventa fondamentale in questi casi.”
Anche Baracco è favorevole, come molti altri sindaci, ai piccoli numeri: “Pochi mesi fa un nostro ospite che faceva parte di un progetto curato dalla parrocchia ha trovato lavoro a Torino come aiuto cuoco a tempo indeterminato. Questo è stato possibile proprio perché i nuclei ospitati erano al di sotto delle dieci unità. Così è più facile l’integrazione”.
E c’è chi lo fa, invece, storcendo il naso. Come Claudio Gambino, sindaco di Borgaro, che vorrebbe evitare un nuovo caso come quello di Forno Canavese, dove in passato arrivarono decine di profughi con progetti gestiti da cooperative e senza che i Comuni potessero dire la loro. Potenzialmente, a Borgaro potrebbero arrivarne 35: “E mi sembrano numeri troppo alti per una città come la nostra. Il rapporto è praticamente di un potenziale profugo ogni 385 abitanti. Borgaro non dirà mai di no all’accoglienza, ma sono più favorevole ai numeri piccoli, che sono facilmente gestibili. A differenza del progetto Sprar, qui saranno i privati o le cooperative a gestire la partita, con i sindaci che dovranno solamente prendere atto. Al momento non ho contezza di spazi in città che possano essere messi a disposizione né cooperative o privati che abbiano, anche nei mesi precedenti, paventato l’idea di voler dare vita ad un progetto di accoglienza sul nostro territorio”.
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