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SETTIMO. Contro le “slot” più poteri ai comuni

SETTIMO. Contro le “slot” più poteri ai comuni

Sala Giochi

La notizia è arrivata fresca fresca la settimana scorsa. La lotta al gioco d’azzardo sarà competenza dei singoli comuni. La sentenza, emessa dalla Corte Costituzionale il 18 luglio, parla chiaro: i sindaci di ogni città hanno il diritto di introdurre, nei propri regolamenti, una serie di vincoli alla proliferazione delle sale da gioco, ponendo i presupposti per una possibile regolamentazione delle nuove aperture. La più importante, la possibilità di imporre distanze minime rispetto ai cosiddetti “luoghi sensibili”. Scuole, luoghi di culto, impianti sportivi, strutture sanitarie o socio sanitarie e dedicate a categorie protette, oratori e luoghi di ritrovo e aggregazione giovanile, quindi. La sentenza arriva proprio nel momento in cui in città è stata aperta un’altra sala giochi, al Borgo Nuovo. Non troppo lontano dall’Istituto “8 Marzo”, dal “Galileo Ferraris” e dalla parrocchia di Santa Maria. Insomma, luoghi sensibili. Ad esprimere il proprio disappunto il professor Giorgio Pidello, dirigente scolastico dell’ 8 Marzo, e Don Domenico Cravero, parroco della chiesa di via Don Gnocchi. “Non sono entusiasta dell’apertura della sala giochi - interviene Pidello-. Nel corso degli anni, la nostra scuola si è preoccupate di coinvolgere i ragazzi in numerosi progetti aventi come tema proprio il gioco d’azzardo”. Lo scopo, quello di far conoscere, e quindi evitare, la ludopatia, una forma di disturbo del comportamento che causa una forte dipendenza nei confronti delle slot machine. Preoccupato, soprattutto per le conseguenze che il fenomeno potrebbe avere sui giovani, è anche Don Domenico. Che infatti, esprime la volontà di approfondire la tematica.“In passato ho avuto modo di seguire da vicino il fenomeno della dipendenza dai video giochi, quindi so che è molto importante rendere i giovani consapevoli del problema. Questo non significa ricorrere a metodi autoritari, al contrario, dobbiamo rendere i nostri ragazzi liberi di scegliere”. E conclude: “Oltre a questo, altro non possiamo fare”.
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