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Benessere
11 Marzo 2025 - 13:17
La scorsa settimana ho voluto preparare un piatto (che vi riporto in fondo all’articolo) che solitamente mangiavo da bambina, cucinato da mia nonna. Subito il profumo e poi il gusto mi hanno riportato alla mia infanzia, alla sensazione di benessere e di gioia nello stare con i nonni. Ammetto che è stato bellissimo rivivere queste sensazioni, anche se un pò triste, visto che i nonni non li ho più…
Questa esperienza mi ha spinto ai parlare del valore sociale e culturale degli alimenti, oltre che proporvi un piccolo esperimento di mindul eating.
Credo che sia evidente per chiunque che il cibo non sia solo un nutrimento atto a soddisfare un bisogno primario dell’uomo, ma qualcosa di più...
Possiamo, infatti, considerare l’alimentazione come un elemento culturale. Se pensate che il gusto sia qualcosa di molto personale e che il legame con il nostro piatto preferito sia solo una faccenda consumata all’interno della cucina famigliare o una questione di palato personale, siete sulla cattiva strada.
É attorno al cibo che si creano quasi tutte le relazioni sociali ed esso si lega all’identità.
Ogni paese ha le sue abitudini alimentari e il cibo viene considerato un simbolo identitario non solo di un territorio ma anche di un’intera nazione.
Gli alimenti si comportano come un vero e proprio strumento di riappropriazione identitaria nel momento in cui questa venga a mancare; è il ponte verso la propria terra, i propri affetti e i propri luoghi.
L’alimentazione richiama la terra d’origine perché questa discende in linea diretta dalla stessa terra che l’ha originata. Per questo il cibo è evocativo di luoghi, persone e relazioni, in quanto è frutto di riflessioni e modificazioni, creazioni ed artifici che lo rendono elemento culturale.
Vi siete mai chiesti perché alcuni alimenti vi piacciono e altri no?
Che sia per uno dei cinque sensi, o per un’associazione emotiva, deve esserci un buon motivo… Io, per esempio, detesto gli gnocchi al pomodoro perché mi ricordano il gusto colloso e acido di quelli che ero “costretta” a mangiare all’asilo.
Al fine di sviluppare una pratica di consapevolezza alimentare forte e consolidata è di importanza fondamentale approfondire le ragioni dei vostri gusti. Non significa che dobbiamo analizzare l’intero passato ma mantenere un atteggiamento curioso nei confronti di ciò che ci piace o non vi piace, insomma delle vostre abitudini alimentari. Potreste farvi una piccola lista degli alimenti preferiti e di quelli che non vi piacciono e provare questo esercizio per sviluppare un rapporto nuovo con il cibo e con il vostro corpo.
Potete partire con un alimento che vi piace e poi ripetere l’esercizio con un altro che vi ripugna (senza sforzarvi):
Sedetevi a tavola e chiedetevi qual è la prima cosa che vi viene in mente guardando quel cibo. Vi attira o vi infastidisce? Quali sono i pensieri che vi affiorano? Avete l’acquolina in bocca? Sapreste descrivere l’alimento così com’è, senza giudizio?
Passate ora in rassegna tutti i sensi… cosa provate alla vista, al tatto e odorandolo. Arrivate al gusto: apprezzatene il sapore, lasciatelo in bocca senza masticarlo. Vi piace la consistenza o la detestate? O magari è il rumore che fa tra i denti che vi attira? Se potete (nel caso in cui l’alimento non vi piaccia) inghiottitelo e percepite la sensazione nello stomaco. Ne volete ancora? Vi sentite appagati oppure continuereste a mangiare? Quali sono i pensieri che vi affiorano? Percepite dei sensi di colpa, perché magari avete mangiato un “alimento proibito”? Oppure vi dite che non lo mangerete mai più? Provate benessere o disagio emotivo dopo aver mangiato quel cibo?
Ecco, molto sinteticamente (le domande da porsi possono essere ulteriori e anche più dettagliate) potrete esercitarvi in una piccola pratica di minduf eating. Talvolta, può essere utile esprimere quanto si è percepito per iscritto. É molto importante, in questo esercizio, mantenere un atteggiamento consapevole che implica apertura, curiosità e voglia di conoscersi. Se applicheremo un mindset del genere alle nostre abitudini alimentari, allora non solo faremo scoperte sulle ragioni del nostro mangiare in un certo modo, ma trasformeremo anche il nostro modo di alimentarci.
Troppo spesso proiettiamo sull’esperienza di mangiare “l’idea” di qualcos’altro, anziché limitarci a vivere il momento per quello che è. Se volete approfondire queste pratiche vi consiglio il libro “Mindful eating. Cambia il tuo modo di pensare il cibo” di Andy Puddicombe.
Spero di avervi fornito qualche spunto interessante, a presto e buona settimana!
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