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11 Giugno 2023 - 15:24
Coltivazione pubblica ed uso di cannabis come forma di disobbedienza civile.
Oggi, come in passato, certe associazioni, esponenti politici, leader di partito e cittadini ricorrono alla disobbedienza civile per farsi ascoltare e cercare di far cambiare le regole. Ma in un mondo in cui le regole, in pratica, sono pochi a rispettarle, ha ancora un senso questa tipologia di approccio? Non può essere che, anziché far generare un pensiero a favore di ciò per cui si sta ‘disobbedendo’, questa metodologia, in questo specifico contesto politico-sociale non induca – alla reazione opposta?
Partiamo dall’eutanasia, un argomento complesso che suscita dibattiti etici, morali e legali in molti paesi. L'eutanasia è il processo intenzionale di porre fine alla vita di una persona per alleviare il suo dolore e la sua sofferenza. Ci sono due forme principali di eutanasia: l'eutanasia attiva, in cui un medico somministra direttamente una sostanza letale, e l'eutanasia passiva, in cui il medico interrompe o non inizia il trattamento necessario per mantenere in vita il paziente. Alcuni sostenitori dell'eutanasia ritengono che le persone abbiano il diritto di scegliere di porre fine alla propria vita se soffrono di malattie terminali o gravi dolore cronico. Argomentano che l'eutanasia può evitare inutili sofferenze e preservare la dignità umana. Tuttavia, ci sono anche obiezioni morali e religiose all'eutanasia, che riguardano questioni come il valore intrinseco della vita e la possibilità di abusi nel suo utilizzo.
Per quanto riguarda la legalizzazione della cannabis, le opinioni variano da paese a paese. Alcuni paesi e stati hanno decriminalizzato l'uso e il possesso di piccole quantità di cannabis, mentre altri hanno legalizzato completamente l'uso ricreativo e/o terapeutico della sostanza.
Gli argomenti a favore della legalizzazione della cannabis includono la riduzione del carico penale per l'uso personale, la possibilità di tassare la vendita della sostanza per generare entrate statali, la regolamentazione della qualità e della sicurezza del prodotto e la possibilità di utilizzare la cannabis per scopi medici. Alcuni sostengono anche che la criminalizzazione della cannabis alimenti il mercato nero e favorisca la criminalità organizzata. D'altra parte, gli oppositori della legalizzazione della cannabis citano potenziali rischi per la salute pubblica, come un aumento dell'uso di droghe, la dipendenza e possibili danni cognitivi a lungo termine. Sostengono inoltre che la cannabis sia una "porta d'ingresso" ad altre droghe più pesanti.
In definitiva, sia l'eutanasia sia la legalizzazione della cannabis sono argomenti complessi che coinvolgono una serie di considerazioni etiche, morali, sociali e politiche. Le opinioni su questi temi possono variare notevolmente a seconda della cultura, delle credenze personali e delle esperienze individuali.
Parliamo ora della disobbedienza civile, ossia dell’azione deliberata di violazione delle leggi o delle norme, generalmente per esprimere un dissenso o promuovere un cambiamento sociale. Può essere utilizzata come una forma di protesta non violenta per spingere verso un cambiamento di politiche o leggi considerate ingiuste o problematiche da alcuni individui o gruppi. Alcuni sostenitori della legalizzazione della cannabis, ad esempio, hanno adottato la disobbedienza civile come strategia per promuovere il proprio messaggio e portare l'attenzione sulla questione. Ciò può includere atti come la coltivazione o il consumo di cannabis in luoghi pubblici, in aperta violazione delle leggi locali che la vietano. L'obiettivo di queste azioni è sollevare il dibattito pubblico e spingere i legislatori a riconsiderare le politiche esistenti sulla cannabis.
Tuttavia, è importante notare che la disobbedienza civile può comportare conseguenze legali per coloro che la praticano, poiché viola la normativa vigente. La disobbedienza civile, fa notare chi la pratica, può avere un impatto significativo sul dibattito pubblico e potrebbe anche influenzare il processo decisionale politico. Tuttavia, è importante considerare che i risultati non sono garantiti e che il successo della disobbedienza civile dipende da molti fattori, come la portata della partecipazione, la reazione delle autorità e l'opinione pubblica generale.
In merito alla cannabis, il dibattito sulla sua legalizzazione è complesso e coinvolge una serie di fattori, come la salute pubblica, l'effetto sulle economie locali, la regolamentazione della vendita e dell'uso della sostanza, e così via. La disobbedienza civile può essere un metodo utilizzato da alcuni attivisti, ma è fondamentale considerare anche altre strategie, come l'educazione, la promozione di dati scientifici e l'interazione con i legislatori, per promuovere un dibattito informato e costruttivo sulla questione.
Volgendo uno sguardo al passato, la disobbedienza civile è stata praticata da diverse persone e gruppi nel corso della storia per protestare contro varie ingiustizie o per promuovere il cambiamento sociale. Alcuni esempi noti includono Gandhi, il quale è stato uno dei pionieri della disobbedienza civile non violenta. Gandhi ha guidato la lotta per l'indipendenza dell'India dall'impero britannico utilizzando metodi come il boicottaggio delle merci straniere, le marce di protesta e lo sciopero della fame. Poi vi è Martin Luther King, leader del movimento per i diritti civili degli afroamericani negli Stati Uniti, ed ancora l’afroamericana Rosa Parks, che nel 1955 si rifiutò di cedere il suo posto a un passeggero bianco su un autobus, in Alabama: il suo atto di disobbedienza civile diede il via al movimento dei diritti civili negli Stati Uniti. Non possiamo omettere Nelson Mandela, che ha combattuto contro l'apartheid in Sudafrica, scontando molti anni di prigione per diventare in seguito il primo presidente sudafricano e un simbolo della lotta per la giustizia e l'uguaglianza. E le suffragette? Nel movimento per il diritto di voto delle donne, le suffragette con la disobbedienza civile attirarono l'attenzione sulle loro richieste.
Questi sono solo alcuni esempi del passato di individui e gruppi che hanno adottato la disobbedienza civile per portare avanti le proprie cause. In ognuno di questi casi, la disobbedienza civile è stata utilizzata come mezzo per sfidare le ingiustizie e promuovere il cambiamento sociale.
Tornando ad oggi, se la disobbedienza civile, in molti contesti, può essere vista come un modo per esprimere dissenso e sfidare le norme o le politiche considerate ingiuste o oppressive, va tuttavia riconosciuto che essa può comportare conseguenze legali per coloro che la praticano, come arresti, sanzioni o punizioni. Un esempio è quello di Marco Cappato, l’attivista italiano noto per aver praticato la disobbedienza civile in relazione a questioni come l'eutanasia e la legalizzazione della cannabis.
Cappato è stato coinvolto in diverse azioni di disobbedienza civile per promuovere il diritto di morire con dignità e per sostenere la regolamentazione dell’uso di cannabis. In relazione all'eutanasia, Marco Cappato è stato uno dei principali promotori dell'Associazione Luca Coscioni, un'organizzazione italiana che si impegna per il diritto all'autodeterminazione, in particolare per il diritto di accedere a terapie intensive e alla morte assistita. Nel 2008, lo ricordiamo, accompagnò l'attivista per i diritti dei malati terminali Piergiorgio Welby nel suo processo di richiesta di eutanasia.
Per quanto riguarda la cannabis, nel 2016, Cappato ha organizzato una coltivazione pubblica di cannabis a nome di un paziente affetto da una grave malattia. L'obiettivo era attirare l'attenzione sulle restrizioni legali che ostacolavano l'accesso alla cannabis terapeutico. Tutte le sue azioni sono quindi volte alla sensibilizzazione pubblica, va però sottolineato che l’opinione pubblica sulla disobbedienza civile è variabile e che le azioni di Cappato hanno suscitato dibatti e opinioni divergenti. Alcuni sostengono la sua determinazione nel promuovere il cambiamento, mentre altri possono criticare il suo approccio o metodi specifici utilizzati.
Tuttavia, va posto in evidenza che negli ultimi anni, con l'avvento dei social media e delle piattaforme online, ci sono state nuove forme di attivismo e protesta che possono influenzare il dibattito pubblico e generare cambiamenti sociali senza necessariamente ricorrere alla disobbedienza civile tradizionale. La diffusione di informazioni, la mobilitazione online e l'organizzazione di petizioni o campagne possono avere un impatto significativo nel promuovere un cambiamento sociale.
In definitiva, se la disobbedienza civile ha ancora senso, quello allora dipende dal contesto specifico, dagli obiettivi dell'azione, dalla valutazione dei rischi e delle conseguenze, nonché dalle alternative disponibili per raggiungere gli stessi obiettivi.
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