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Il piemontese vitello tonnato

Il piemontese vitello tonnato
Il piemontese vitello tonnato Il vitello tonnato chiamato in ossequio all’esterofilia vitel tonné, a sottolineare origini francesi che sono però una pura e semplice invenzione. Anche perché “vitello” Oltralpe si dice veau. Come sempre la vittoria ha molti padri e madri, la sconfitta nessuno. Così è avvenuto anche per il vitello tonnato, sempre più vincente sulle tavole degli italiani. Hanno rivendicato l’invenzione di questo piatto i lombardi, i veneti, gli emiliani. Addirittura, gli argentini, dato che laggiù il vitello tonnato è uno dei piatti tradizionali che vengono preparati a Natale. Invece è Cuneo la patria del vitello tonnato, dove veniva preparata in estate già nel XVIII secolo anche se in maniera abbastanza diversa da oggi. Il tonno, per esempio, nella preparazione originale neppure c’era, con ogni probabilità. Tonnato oppure “tonné” sono termini che fanno pensare immediatamente al tonno. Per molti esperti, però, la parola in questione potrebbe derivare dal francese tanné, che significa “conciato” o, nel gergo gastronomico, pasticciato, ovvero preparato con l’aggiunta di una salsa. Dati i continui contatti, anche linguistici, tra Piemonte e Francia, niente di più semplice che tanné sia entrato, in maniera storpiata, nel linguaggio culinario piemontese in modo da dare nobiltà e ricercatezza a un piatto che veniva preparato con gli avanzi della carne di vitello, marinata e lessata a lungo, in modo da renderla bella morbida. Non mancano chi sostiene che la parola “tonnato” stia a significare che la carne veniva sì cotta a lungo, ma come si faceva per il tonno, prima di metterlo sott’olio. Il rapporto con il mare, fa parte della tradizione culinaria piemontese, grazie ai continui contatti tra Piemonte e i vicini porti della Liguria. Il tonno ci mette però del tempo a entrare a fare parte della salsa che rende saporita la nostra ricetta e lo fa probabilmente di contrabbando, seguendo la scia delle acciughe. Uno dei prodotti che fin dal Medioevo percorrevano incessantemente le strade del sale che collegavano le città liguri con il Cuneese. Le alici sotto sale. Lo testimonia la presenza di questo pesce in uno dei piatti più legati alla tradizione del Piemonte, la bagna càuda, che vuol dire “salsa calda”. Il problema era che le acciughe costavano pochissimo mentre il sale era carissimo. Per aumentare i profitti gli acciugai piemontesi presero, nel secondo Ottocento, a importare di contrabbando tonno sottolio che nascondevano nei carri, sotto i barili di acciughe, e che rivendevano di nascosto. Così il tonno divenne compagno del vitello nella nostra ricetta, all’alba del XX secolo. Il tonno è anche il protagonista della prima ricetta del vitello tonnato giunta fino a noi, quella redatta da Pellegrino Artusi nel 1891 nel suo fondamentale La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene. Il grande gastronomo considerava il vitello tonnato un piatto da consumare freddo, tipicamente estivo. In Piemonte si preparava, non a caso, per la festa di Ferragosto. Esisteva anche una versione invernale in cui la carne veniva arrostita, affettata e servita calda, coprendola con la salsa, a sua volta riscaldata e addensata con farina e limone, personalmente preferisco la versione estiva. A favorire una prima diffusione del vitello tonnato in Italia già alla fine dell’Ottocento furono soldati e funzionari piemontesi che sciamarono un po’ ovunque nella Penisola dopo l’Unità d’Italia. Sicuramente, però, non furono loro a diffondere l’uso della maionese, oggi diventata quasi onnipresente. Molti grandi cuochi la aborriscono, altri la esaltano. Ma ormai il vitello tonnato è patrimonio di tutti Favria, 31.07.2022 Giorgio Cortese Buona giornata. Agosto è il periodo dell’anno in cui tutto rallenta. Felice domenica
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