L’arresto di un “untore” in un’illustrazione del Gonin
Molti di noi al liceo hanno letto - o, perlomeno, sentito citare - la Storia della colonna infame, il saggio storico che Manzoni pubblicò in appendice all’edizione quarantana de I Promessi sposi. Don Lisander narra di come le autorità milanesi, nel corso dell’epidemia di peste del 1630 (che fu davvero terribile: nell’Italia settentrionale portò alla morte un milione di persone su quattro milioni di abitanti complessivi), perseguirono alcuni presunti “untori”, ritenuti responsabili del contagio: testimoni dicevano di averli visti «ungere i muri delle case con una sostanza giallastra» che avrebbe diffuso la malattia. Ovviamente erano innocenti, ma alcuni di loro furono torturati e giustiziati. Nell’edizione pubblicata da Sellerio nel 1981 il saggio manzoniano è accompagnato da una nota di Leonardo Sciascia, che osserva: «Poiché i cattivi governi, quando si trovano di fronte a situazioni che non sanno o non possono risolvere, hanno sempre avuto la risorsa del nemico esterno cui far carico di ogni disagio e di ogni calamità, l’opinione dei milanesi fu mossa contro la Francia, allora nemica alla Spagna dei cui domini lo Stato di Milano era parte». Ma siccome l’accusa geopolitica non reggeva, a questa seguì «l’accanimento dei governanti e dei giudici, quando si trovarono davanti a coloro che la voce pubblica indicava come propagatori del morbo». Vicende di quattro secoli fa, certo. Ora la scienza ci dice che le pestilenze non si propagano con misteriosi unguenti, e la giustizia non condanna a morte i presunti untori. Mutatis mutandis, però, le reazioni e gli umori dei governanti e di gran parte dell’opinione pubblica non sono oggi molto diversi da quelli che leggiamo nelle cronache dello Stato di Milano nel Seicento. Il 2020 è stato l’anno del nemico esterno: non più la Francia di Luigi XIII, ma i «maledetti cinesi» avrebbero consapevolmente diffuso il virus dai loro laboratori di Wuhan, con l’obiettivo di far crollare le economie occidentali ed estendere il loro dominio politico e commerciale sull’orbe terracqueo. Ancor oggi c’è gente che non va nei bar, nei negozi o alle bancarelle del mercato gestiti da cinesi (che magari sono in Italia da dieci o vent’anni, o sono nati qui) perché «ci hanno portato il virus». Con il 2021 sono arrivati i vaccini: campagna a tappeto, slogan «se ti vaccini non prendi il Covid». Dopo undici mesi di inoculazioni manu militari è ormai vaccinato - per convinzione o per costrizione - con almeno una dose circa il 90% della popolazione over 12, e circa l’85% con due dosi (qualcuno anche già con tre). Ciononostante, il numero di contagi continua ad essere altissimo: in Italia attualmente ce ne sono tanti quanti erano nell’ottobre 2020 (quando nessuno era ancora vaccinato), e in undici mesi sono morte con Covid circa 60 mila persone. A questo punto, siccome il Paese è sfiancato - anche psicologicamente - e non vede la fine del tunnel, diventa necessario prendersela con qualcuno, individuare i presunti «propagatori del morbo» e addossare loro tutte le colpe. E siccome in quattro secoli qualche passo avanti nella cultura giuridica lo si è fatto e non li si può più giustiziare (anche se qualcuno lo vorrebbe), ci si “limita” a trattarli come untori, a togliere progressivamente loro i diritti fino ad escluderli dalla società civile come reietti. Una soluzione più apotropaica che razionale, ben più antica del giustizialismo nella Lombardia del Seicento: retrocediamo ad almeno un paio di secoli prima di Cristo, quando nel giorno dell’espiazione (Yom Kippur) il sommo sacerdote di Israele “caricava” simbolicamente tutti i peccati del popolo ebraico su un capro e poi lo mandava via, scacciandolo nel deserto. Il capro espiatorio dell’Italia del 2021 è stato individuato nei non vaccinati. La vox populi alimentata dal Governo è: se dopo un anno e mezzo il contagio continua a propagarsi, se dobbiamo fare la terza dose e poi magari anche la quarta, se torniamo in zona gialla o arancione o rossa... è colpa dei maledetti non vaccinati. L’informazione mainstream fa a gara a descriverli come casi umani, come minus habens («ah ah, quello che si curava facendosi i clisteri con la candeggina»; «ah ah, quello che è andato a vaccinarsi col braccio di silicone»), antiscientifici e negazionisti, violenti e facinorosi, e quindi - come suggeriva un noto virologo televisivo - da «rinchiudere in casa come sorci». E’ una narrazione che si autoalimenta e si propaga perché è comodo e autoassolutorio - per il Governo e, diciamolo, anche per la psiche di molti vaccinati - avere un «nemico esterno», e soprattutto perché quasi nessuno va a leggere i dati. Il 3 dicembre l’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato l’aggiornamento settimanale del proprio bollettino sul Covid in Italia; vi si legge che dal 29 ottobre al 28 novembre, su circa 210 mila “positivi” rilevati, 134 mila (quasi due terzi) erano vaccinati. Se quindi da un mese e mezzo la curva degli “attualmente positivi” continua a salire, ed oggi in Italia ce ne sono (almeno) 220 mila - che sono più del doppio del “picco” della prima ondata, quella del lockdown di marzo-maggio 2020 -, si deve avere l’onestà di dire che almeno 140 mila di questi sono vaccinati: nella quasi totalità dei casi identificati come “positivi” tardivamente, soltanto quando ormai presentavano evidenti sintomi della malattia. Ora: in un Paese con una percentuale di vaccinati tra le più alte del mondo, questi numeri dimostrano che la strategia di contenimento del contagio portata avanti dal Governo - che, in estrema sintesi, consiste nell’accanirsi sui non vaccinati “tamponandoli” ogni 48 ore, vietando loro l’accesso a molti luoghi e additandoli alla pubblica esecrazione (con le “colonne infami” di oggi), e nello stesso tempo lasciare la più ampia libertà ai vaccinati, che non vengono più controllati e anzi «vanno premiati» - è sbagliata e inefficace. Il Cts e l’esecutivo studiano e applicano sempre nuove limitazioni per quel 10% o poco più di popolazione non vaccinata, sebbene sia chiaro che il principale veicolo di diffusione del virus sono invece i tanti vaccinati, quelli con green pass e ora con super green pass: che non fanno più tamponi, che entrano ovunque, e che vengono rilevati come “positivi” quando ormai hanno contagiato chissà quanti altri. Anziché cercare i “positivi” (contagiati e contagiosi) e tracciare i loro contatti, il Governo perseguita e discrimina i non vaccinati, anche se “negativi”. Il risultato è che, settimana dopo settimana, aumenta il numero degli “attualmente positivi”, e tra questi aumenta la percentuale di vaccinati. Ecco quindi che, mentre si incita l’opinione pubblica a deridere o a linciare i non vaccinati quali unici responsabili della pandemia, il virus continua a propagarsi grazie a tutti coloro che - magari inconsapevolmente - lo portano in giro avendo in tasca il super green pass. Che ormai, anziché un «certificato di sicurezza» come lo definisce Draghi, è diventato un lasciapassare per il virus.
Commentiscrivi/Scopri i commenti
Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce
Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter
...
Dentro la notiziaLa newsletter del giornale La Voce
LA VOCE DEL CANAVESE Reg. Tribunale di Torino n. 57 del 22/05/2007. Direttore responsabile: Liborio La Mattina. Proprietà LA VOCE SOCIETA’ COOPERATIVA. P.IVA 09594480015. Redazione: via Torino, 47 – 10034 – Chivasso (To). Tel. 0115367550 Cell. 3474431187
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70 e della Legge Regione Piemonte n. 18 del 25/06/2008. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Testi e foto qui pubblicati sono proprietà de LA VOCE DEL CANAVESE tutti i diritti sono riservati. L’utilizzo dei testi e delle foto on line è, senza autorizzazione scritta, vietato (legge 633/1941).
LA VOCE DEL CANAVESE ha aderito tramite la File (Federazione Italiana Liberi Editori) allo IAP – Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.