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SETTIMO TORINESE. Laguna verde - alcune riflessioni per ripensare il progetto

SETTIMO TORINESE. Laguna verde - alcune riflessioni per ripensare il progetto
Nel 2009 ero felicemente innamorato della ragazza che poi sarebbe diventata mia moglie. Nel 2009 cominciavo a scoprire l’esistenza di una città alla periferia di Torino, di nome Settimo, la città della mia compagna. Più o meno nello stesso anno cercavo informazioni sulle opere e i progetti dell’architetto Paolo Maggiora, l’architetto delle megalopoli in Cina. Maggiora era allora per me il progettista di Caofeidian, “la Pechino dell’Innovazione, Prima Città del III Millennio e simbolo “ufficiale” della contemporaneità della Cina”. Potete immaginare lo stupore che ebbi nello scoprire che quello stesso architetto aveva progettato nel 2008 “Laguna Verde”, un progetto dallo stesso sapore avvenieristico delle nuove città cinesi, da realizzare proprio in quella città che fino a un anno prima non avevo nemmeno mai sentito nominare. Colpa mia eh, con il tempo ho imparato che di motivi per conoscere e amare Settimo ce ne sarebbero stati tanti, ma allora ero giovane e sconsiderato……. Il programma era decisamente ambizioso. Recuperare una area industriale dismessa, per una superficie di 800 mila mq (80 ettari, centotrenta campi da calcio), prevedendo di realizzare centri di ricerca, luoghi per lo sport, un museo, aree residenziali, aree commerciali e uffici. Investimenti previsti per più di un miliardo di euro e l’ambizione (in questi casi si dice “sfidante”) di trasformare quello che allora era poco più che un masterplan in una realtà costruita in soli 6 anni. Di anni ne sono passati 12 e il mondo è decisamente cambiato. Abbiamo avuto una crisi economica; abbiamo cambiato un papa; negli USA hanno eletto un presidente nero, uno con i capelli a banana e un amabile vecchietto; negli ultimi due anni abbiamo avuto una pandemia globale che ha sconvolto gli assetti di potere spostando la bilancia decisamente a favore della Cina, ormai instradata a diventare padrona del mondo; dopo Ciampi è stato eletto Mattarella. L’Europa, e la Germania hanno abbandonato l’austerity ed è stato lanciato il New Green Deal. Nel 2008 governava Prodi, nel 2009 Berlusconi che ha governato così bene che ci siamo dovuti sorbire le purghe di Monti; dopo di lui ci sono stati 5 presidenti del consiglio diversi con 6 maggioranze; il debito pubblico è passato dal 120 al 150 % (ok queste ultime due cose non sono proprio delle novità). Settimo ha cambiato tre sindaci: abbiamo avuto Corgiat, Puppo e oggi la Piastra (chissà perché non si dice "il Corgiat"? boh, retaggi maschilisti, presumo). Persino io mi sono sposato, ho avuto un figlio (il terzo), ho comprato casa a Settimo e mi sono trasferito qui da Roma; cosa non si fa per amore..... Altre cose non sono cambiate. Non è cambiato l’amore per mia moglie; Berlusconi continua a imperversare in politica; la nonna di mia moglie fa un ottimo dolce di semolino, Renatino continua a girare il latte per il parmigiano e mia mamma si appassiona per le serie tv della Rai. Ecco, anche la Rai non sembra avere recepito granché del passare degli anni. La cacca dei cani non raccolta continua ad essere in vetta alle classifiche dei principali problemi cittadini. Quando ho risentito parlare del progetto Laguna Verde, mi sono quindi incuriosito: perché se ne riparla? Sono andato a rivedere il progetto, ho cercato di capire perché fosse tornato di attualità, ma soprattutto perché se ne stesse riparlando per riproporlo esattamente com’era e dov’era. Una cosa curiosa perché la mia sensazione era stata fin da subito che il progetto per come era stato concepito fosse morto e sepolto; la sensazione che questo essere rimasto al palo fosse dovuto non tanto a un destino cinico e baro, ma semplicemente perché un progetto esageratamente fuori scala per la città in cui è stato pensato e proposto; fuori scala persino per Torino, figuriamoci per Settimo. Fuori scala non tanto per motivi estetici, non ho nulla contro i grattacieli, e sono un appassionato sostenitore della contemporaneità. Fuori scala perché caratterizzato da una dimensione economica e sociale talmente grande da rendere difficile, se non impossibile, il governo dell’operazione da parte della amministrazione comunale. Un progetto che la città di Settimo avrebbe inevitabilmente subìto. Ora io non ho intenzione di entrare nel merito delle questioni politiche che sono chiaramente visibili sullo sfondo, ma ritengo che se oggi quel progetto è ancora tutto da sviluppare, questa sia una splendida occasione per ripensarne in maniera radicale la filosofia di fondo. Almeno provarci. Comincerei riflettendo sul solo intervento significativo che si è realizzato di quel vasto programma: l’Outlet. Un bellissimo progetto, un’opera di buona qualità architettonica, un land mark visibile e riconoscibile, uno spazio attrattivo per tutta la regione. Eppure, con tutte queste qualità, un corpo estraneo alla città. Un oggetto a sé stante che non ha stabilito alcun legame organico con la città di Settimo. Anzi, si potrebbe dire che per molti abitanti della città, la presenza dell’Outlet, così come il Settimo Cielo, sia vissuta più come un luogo antagonista. La città subisce la presenza di questi spazi, li frequenta con lo stesso spirito con cui si potrebbe frequentare un’altra città. Luoghi diversi da raggiungere con la macchina, non riconoscibili come parte integrante della città stessa. Si va a fare shopping (o a lavorare) con la stessa condizione d’animo con cui si andrebbe in via Roma a Torino o al carnevale di Chivasso. Il progetto Laguna Verde, a mio parere soffre dello stesso vulnus, lo stesso errore concettuale. Si tratta di un bellissimo e visionario progetto autoreferenziale. Un mondo autonomo, a suo modo perfetto, ma un mondo totalmente scollegato dalla città in cui si vorrebbe innestare. Gli abitanti di Laguna Verde si sarebbero sentiti cittadini di Settimo oppure dei torinesi fuori sede? La stessa relazione di fattibilità redatta dallo studio Nomisma, che si può ancora trovare presso il sito del Comune, ipotizzava che oltre il 50% delle aree residenziali sarebbe stato coperto da spostamenti di abitanti interni alla stessa Settimo. Abitanti di Settimo che in previsione dovrebbero lasciare vuote case e appartamento dentro la città consolidata? Il masterplan dell’iniziativa ipotizzava la realizzazione di una nuova stazione ferroviaria; in tutti questi anni ci sono stati sviluppi in questo senso? E se questa previsione non dovesse realizzarsi si è pensato all’impatto sul traffico che avrebbe una città di 5-10.000 abitanti (calcolo mio a spanne) innestata tra Torino e Settimo? Siamo sicuri che oggi quel progetto sia ancora quello che serve, o che servirebbe, alla città di Settimo? Non sarebbe il caso di ripensare il programma in maniera da garantirne una migliore integrazione rispetto alla città consolidata? Non sarebbe utile, anche ai fini di una reale fattibilità, pensare il progetto per lotti autonomi in maniera da consentire una ripartizione del rischio da parte degli investitori e al tempo stesso una maggiore governance da parte del comune? Non sarebbe importante e necessario coinvolgere in maniera effettiva i cittadini nella definizione delle scelte del progetto? In sostanza, prima di andare avanti, non sarebbe necessario riflettere sui nuovi contesti, sulle nuove trasformazioni e le nuove aspettative che richiede il nostro territorio? (La foto di copertina è una foto degli anni '60 tratta da qui)
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