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18 Febbraio 2014 - 01:19
Parrocchiale di San Costanzo
Don Vallero[/caption] Pigiati come sardine. Appiccicati gli uni agli altri come su un autobus cittadino nelle ore di punta. Impegnati nella difficile impresa di trovare sul pavimento uno spazio sufficiente a contenere entrambi i piedi e nell’impresa non meno ardua di non farsi mancare il respiro. Infagottati – vista la stagione - in giacconi e sciarpe, che aumentano lo spazio occupato da ciascuna persona. Le donne alle prese con il problema delle borsette, che non si sa come far stare tra il proprio fianco e quello del vicino; tutti – quando piove – assillati dalla domanda: “Come evitare che il mio ombrello sgoccioli sulle scarpe altrui?” E chi non riesce ad entrare nemmeno spintonando se ne sta fuori, nella piazzetta, al freddo e sotto la pioggia, senza sentire neppure una parola della messa. Difficile, in queste condizioni, concentrarsi sulle preghiere e pensare al defunto che si dovrebbe commemorare. Succede quando ai funerali partecipano tante persone, a Pont come altrove. Solo che a Pont, dall’inizio di gennaio, succede anche quando la partecipazione si mantiene nella media perché da gennaio, sia pure in via sperimentale e solo per il periodo invernale, non vengono più celebrati in parrocchia bensì nella chiesetta di San Francesco. A qualcuno arrivato da fuori è capitato di chiedersi perché i familiari del tale o talaltro defunto avessero operato una scelta tanto infelice; chi vive in paese e riceve il bollettino sa invece che la decisione era stata presa dal parroco don Aldo Vallero, che l’aveva comunicata sul numero di dicembre. Nel rendere nota la sua scelta aveva spiegato che lo aveva fatto per andare incontro alle richieste delle persone anziane, che si lamentavano della fatica di raggiungere a piedi San Costanzo; aveva anche sottolineato come la chiesa di San Francesco offrisse “un maggior raccoglimento”. In realtà le motivazioni, a quanto poi è venuto fuori, erano anche (e forse principalmente ) economiche: riscaldare San Costanzo è difficile e costoso. Le reazioni dei pontesi non sono state e non sono univoche. C’è chi si schiera decisamente a favore del nuovo sistema ma molti mugugnano, magari a mezza voce com’è nelle abitudini dei canavesani. Anche perché qualche funerale sfugge alla regola: quando si sa che vi sarà un forte afflusso di persone, si ritorna a San Costanzo. Meno male, altrimenti sarebbe il caos, tuttavia è ovvio che i familiari dei defunti "normali" ci rimangano male: “La nostra famiglia, per la chiesa, vale di meno?”.
Chiesetta di San Francesco.[/caption] Sottovalutare le motivazioni economiche che stanno alla base di questa decisione sarebbe errato oltre che ingiusto: se un parroco compie scelte del genere vuol dire che ha seri problemi a far quadrare i conti. Capita a molti di loro, dopo che il Concordato del 1984 stabilì nuovi criteri di finanziamento per i sacerdoti. Del resto è probabile che dall’altare, con l’attenzione concentrata sulla celebrazione, non ci si renda ben conto dei disagi che si vivono dalla parte opposta dell’edificio. Tuttavia sembrerebbe giusto tener presenti anche le esigenze dei fedeli. I funerali non sono come le messe, non se ne celebrano tutti i giorni e sono concentrati nelle ore centrali della giornata (quando il freddo è meno intenso), non in quelle serali o pre-serali come i Rosari. Sebbene la crisi economica stia incidendo sulle spese di ogni tipo, non si sarebbero potuti trovare, nelle famiglie devote ed agiate (qualcuna ne sarà pur rimasta!) un certo numero di benefattori disposti a contribuire agli oneri del riscaldamento con una donazione alla voce specifica ”riscaldamento della chiesa”?
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