E' ora di occuparsi di un personaggio che, seppure non eporediese, né propriamente dei dintorni, purtuttavia canavesano, nonché titolare del nome di una autorevole scuola eporediese: Carlo Botta. Peraltro feci anche io quel Liceo, ai tempi in cui i mulini erano ancora bianchi, anche se per poco, anche se non ci misi, a onor del vero, un grande impegno. Si potrebbe dire: un Botta e via. Carletto nacque nel 1766 a San Giorgio, il luogo più odiato da Mario Draghi. Il padre era Ignazio, come, purtroppo, Larussa e, per fortuna, Marino. La madre era Delfina, Boggio, ed essendo i delfini mammiferi, non poteva trattarsi di sirena. Giovine molto studioso, (avrebbe fatto sfracelli, se avesse studiato al Liceo Botta), riuscì a laurearsi in medicina a soli vent'anni, con una interessante tesi su "Gigno Vinia e i danni da consumo compulsivo di Fagioli Grassi". Successivamente si occupò di lui la Famiglia Rigoletti ("Gobbo il padre, gobba la madre, gobba la figlia della sorella..."), che lo sostenne in successivi studi. Ma il ragazzo, intelligente e studioso, aveva tendenze rivoluzionarie, e venne arrestato nel 1794 per avere osato dire a tale Anna Malo che d'estate fa molto caldo. Nel 1795 si rifugiò prima in Svizzera, dove si abbuffò di cioccolata, e poi in Francia, anticipando di 200 anni Cesare Battisti e Toni Negri. Nel 1796 venne nominato medico militare nell'Armata d'Italia. Negli anni successivi si dedicò ad attività politica e ruoli istituzionali, appoggiando l'Annessione del Piemonte alla Francia, anche in funzione dei Mondiali di Calcio. In quegli anni iniziò ad occuparsi della scrittura, in particolare ebbe a redarre la celebre "Storia della guerra d'indipendenza degli Stati Uniti d'America", la prima opera scritta in Esperanto, o forse in Sanscrito moderno. Protagonisti del volume erano La Fayette e il Generale del Carnevale di Ivrea, iscritto al partito "Forza Piemonte annesso alla Francia". Dopo la Restaurazione scrisse forse la sua opera più complessa, "Storia d'Italia dal 1789 al 1814". Col tempo cadde sempre in maggiore disgrazia, per motivi politici e religiosi (rifiutò di venire a Ivrea per partecipare a un Presepe Vivente organizzato da tale Georgia Popolo), e morì a Parigi nel 1837 in condizioni di grande disagio economico. Insomma, si spense nella Ville Lumière. Le sue opere furono oggetto di aspre critiche, anche da parte dello stesso Benedetto Croce, secondo il quale probabilmente il Botta aveva fatto confusione tra Storiografia e Tassidermia. Spero mi siate grati per questo Botta di vita.
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