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SETTIMO. Il lungo, il corto e il pacioccone

SETTIMO. Il lungo, il corto e il pacioccone

Massimo Pace

Uno batte forte, l’altro socchiude la porta e il terzo ammicca. Un gioco di ruolo già visto altre volte nella politica settimese. A farlo sono pressoché gli stessi di sempre. Il primo ha solidi argomenti, conoscendo bene la materia e avendo fatto l’ammazzasette da quando era ragazzino. L’altro ha sempre fatto il traghettatore (dei cattolici in area comunista, dei comunisti in chiesa, dei cattolici – anche se ex comunisti – al potere), convinto che tocchi a lui interpretare il ruolo della colomba col ramoscello d’ulivo. Il terzo va giù piatto, com’è nel suo stile, a cantarle chiare alla sindaca. La posta in gioco? Vincere! Ma Piastra non ha appena vinto? Eh, ma si tratta di vincere subito la prossima volta. Insomma «para bellum».

Poi c’è chi la sinistra la deve proprio interpretare, più per la giacca che s’è trovata addosso (da consigliera) che per autentica tradizione. Questa se n’è uscita con «la nostra gente non capisce». Anche qui, un copione classico, un déjà vu, detto in altro modo: una roba trita e ritrita, ché ‘sta «nostra gente» è un po’ che non c’è più, se no non eravamo così, quattro gatti e neanche. In questo gioco, la consigliera di Sinistra Civica – com’è naturale se non si hanno solidi argomenti – oltre che essere attirata nell’orbita della sindaca, rischia di essere il vaso di coccio tra i vasi di ferro.

Però al disegno dei primi tre c’è almeno un ostacolo, e pure di peso (la segretaria del piddì), che, forse, elezioni torinesi vincendo, si potrebbe anche superare. Per lei, la sinistra (numericamente) vale meno di niente… Beh, se arriva dove l’altra volta non è arrivata (perché a Torino hanno vinto i grillini), la musica può cambiare. La sindaca, benché ingiuriata, se le si riconosce il primato che s’è conquistato a suon di listine e listarelle, è persona ragionevole. Perciò bisogna sperare e incrociare le dita che il prossimo segretario settimese del piddì sia più malleabile o anche solo meno ostile.

Così, che cosa si prefigura? Che la lista civica dell’alleanza a sinistra stia guardando verso destra e la sinistra (sopravvissuta a lato del piddì) coltivi la speranza di riunirsi al governo. In un sistema maggioritario, nessuno vuol fare l’opposizione, si conta meno di nulla e hai voglia di aspettare a vincere! Allora, alle prossime elezioni, per vincere facile, ci si mette di nuovo insieme (una lista personale della sindaca ci può pure stare), con l’aiuto dei grillini che hanno già una gran simpatia per Elena (parecchio di meno per i nostri tre) e, magari, la destra la facciamo di nuovo secca.

I tre (Aldo Corgiat, Massimo Pace e Sergio Bisacca) non l’han mica pensata male e, per sopravvivere politicamente, nemmeno Elena Ruzza. In politica bisogna combattere, vincere e perdere e poi metterci una pietra sopra e guardare avanti. Sennò la «nostra gente non ci capisce» e poi «vincono le destre». Sempre per il bene del Paese, s’intende. Adesso non ditemi che non ho parlato di programmi, di contenuti. Non sono io che me ne sono dimenticata, sono loro che non ne parlano.

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