Il ricordo che non appassisce della libertà ritrovata e di chi ha combattuto per un mondo e un'Italia migliore.
"Ieri - commenta il presidente dell'Anpi
Mario Beiletti -
è stata davvero una bella giornata. Completa e soddisfacente. Siamo stati invitati ad aprire il Consiglio comunale. Mi dicono (io ero intento a riordinare i fogli e non l’ho notato) che al termine del discorso si sono alzati tutti in piedi ad applaudire. Persino l’opposizione!" Qualche minuto più tardi, nel Rifugio, si sono radunate almeno un centinaio di persone che, alla luce delle fiaccole, hanno percorso le gallerie fermandosi a tappe prestabilite per ascoltare la storia del sabotaggio del ponte. Ovviamente
Rita Munari è stato il motore dell’evento. Precisa e puntuale anche
Roberta Rossetto, la ragazza che con
Mario Beiletti ha letto i vari brani. E poi, a dare una mano, c'erano anche Ivan, Egidio, Laura e Ignazio, Corrado, Rudi e Rachel… Da qui allo Zac! passando lungo le strade di quella memorabile impresa che fu il sabotaggio del ponte. E ancora tutti lì ad ascoltare i dettagli dell’operazione di 75 anni fa, sino alla base del ponte verso il Canoa club. Infine, quasi 70 persone hanno partecipato alla “Pastasciutta antifascista”. Era presente il Coro Bajolese con tanto di "Bella ciao" finale.
Intervento Anpi al Consiglio comunale di Ivrea del 23.12.2019 Grazie a tutti voi per aver voluto includere nel vostro Consiglio uno spazio per questa breve cerimonia. Voi avete fatto esercizio di rispetto per la storia di Ivrea, e di memoria. Mi permetto di spendere alcune parole su questi due concetti: Storia e Memoria. La memoria non può essere unica e condivisa. La memoria è individuale e si basa sulle esperienze personali. Così, il figlio di un fascista ucciso dai partigiani non potrà avere, della sua tragedia, lo stesso ricordo di chi subì nel proprio paese un eccidio per mano nazi-fascista. Questa è, in particolare, la caratteristica di una guerra civile, con le stesse famiglie divise. Persino di un singolo fatto due persone testimonieranno frammenti diversi di realtà. Ed è qui che ci soccorre la storia, o meglio, gli storici, il cui compito è di raccogliere i ricordi individuali ed unirli in una narrazione il più unitaria e precisa possibile. Però, anche gli storici sono influenzati a loro volta dai propri personali vissuti. E allora? Come uscirne? Se la memoria non può essere condivisa, è necessario che lo sia la Storia, costruendo una narrazione che diventi il riferimento ideale di tutti. Ora, nel nostro paese, e per l’intera Europa, potranno mai essere le guerre di aggressione, la dittatura, le leggi razziali, i tribunali speciali, i lager? No, nemmeno per i più accesi negazionisti. L’Italia ha un tesoro da spendere: la cultura e civiltà romana derivate da quelle greche, e poi il Rinascimento, che non ebbe eguali nel mondo. E poi? Soltanto tre secoli dopo possiamo far nostri gli ideali del Risorgimento: libertà dallo straniero, unità, forma repubblicana dello stato. Ebbene, la parabola risorgimentale si conclude nel 1946, quando l’Italia, grazie anche alla guerra di Liberazione, alla Resistenza, è non solo unita, ma finalmente libera e democratica. Questa è la narrazione, il mito fondante che costruisce noi stessi, il nostro Paese, le nostre leggi. Noi tutti lo condividiamo quando nelle cerimonie sentiamo suonare la Canzone del Piave, l’Inno di Mameli e Bella ciao. Le ascoltiamo con deferenza, quest’ultima con gioia, come segno di rispetto per le nostre Istituzioni che si sono formate con la Lotta di Liberazione. Ce lo rammenta la Costituzione, il patto fra uomini liberi che ciò sancisce, e che ci guida. Ed è la democrazia che permette a voi, rappresentanti del popolo, di essere qui e deliberare in nostro nome. So che qualcuno vorrà obiettare che la condanna per il nazifascismo deve andare di pari passo con quella del comunismo. Vorrei sommessamente ricordare che le ideologie che stanno alla loro base è assai diversa: l’una si basa sulla sopraffazione dei popoli conquistati e sull’idea di razza superiore, l’altra su un’idea di uguaglianza fra persone e popoli. Altra cosa ne è la realizzazione. Questo discorso ci porterebbe però lontano. Limitiamoci allora ad affermare che noi, in Italia abbiamo vissuto solo il fascismo. Atteniamoci quindi alla nostra storia, e lasciamo ad altri di giudicare i Sovietici che, assieme agli Americani e agli Inglesi dettero milioni di morti alla causa della nostra libertà, rispettivamente 25 milioni i Sovietici e mezzo milione gli Americani. Oggi noi celebriamo la memoria dell’impresa del ponte, ricordiamo Alimiro e D’Artagnan. Essi compirono un’impresa che Piero Calamandrei definì di “ingegneria partigiana”, salvando la nostra città dalla distruzione. Con essi, Brigata Mazzini, battaglione Rosselli di Giustizia e Libertà, vi erano uomini delle Brigate Garibaldi. Fra poco, nel buio suggestivo del Rifugio antiaereo, ne ascolteremo il racconto. Anche questo fa parte della nostra Storia, così come quella di Adriano Olivetti, antifascista. Se oggi la Città dell’Uomo olivettiana, con la sua storia antifascista, è patrimonio dell’Unesco, lo dobbiamo ad una porzione di storia, ad una narrazione, che vogliamo, possiamo, dobbiamo condividere. Il resto è dibattito democratico, che è il sale della vita libera. Questo ci insegnava Amos Messori, il nostro D’Artagnan, durante le passeggiate sul bel Lungodora. Grazie ancora, e buon lavoro.
Mario Beiletti per Anpi di Ivrea e Basso Canavese