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19 Luglio 2018 - 17:27
In Francia, le persone che aiutano i migranti ad attraversare una frontiera rischiano fino a cinque anni di carcere e 30 mila euro di multa, per quello che è comunemente noto come «crimine di solidarietà». Sia chiaro: in Francia non esiste un reato con questo nome; così, piuttosto, si intende riassumere la situazione giuridica di «chiunque abbia, attraverso l’assistenza diretta o indiretta, facilitato o tentato di facilitare l’ingresso, la circolazione o il soggiorno illegale di uno straniero».
Per questo Cédric Herrou, un agricoltore della Val Roja, al confine con Ventimiglia, è stato riconosciuto colpevole di aver sfamato e ospitato a casa sua circa 200 immigrati, di averli aiutati a passare la frontiera e per questo è stato condannato, nell’agosto 2017, a quattro mesi con la condizionale dalla Corte d’appello di Aix-en-Provence.
Il comportamento di Cédric Herrou non è un caso isolato: diverse guide alpine francesi si sono incontrate al Colle della Scala (un luogo di transito per i migranti a 1.762 metri, tra il comune di Bardonecchia e il comune di Névache) questo Capodanno per una «veille solidaire», per «accogliere dei migranti se ce ne sono, accompagnarli a valle ma anche discutere dell’argomento e far parlare i media».
Va sotto processo Martine Landry, settantatré anni e attivista di Amnesty International, per aver accolto due quindicenni non accompagnati sul lato francese della frontiera tra Mentone e Ventimiglia e averli condotti al posto di polizia perché fossero registrati.
Protagonista del documentario in presa diretta «Libre», del regista Michel Toesca, presentato al festival di Cannes questa primavera, Cédric Herrou ha ricordato che il motto repubblicano «libertà, uguaglianza, fraternità» va difeso sempre, «qualunque sia la nostra origine, la nostra religione, il nostro colore della pelle».
Con una sentenza della Corte Costituzionale francese è stato ribadito proprio il principio costituzionale della «fraternité» in forza del quale deriva «la libertà di aiutare gli altri, per uno scopo umanitario, indipendentemente dalla regolarità della loro permanenza nel territorio nazionale». Infatti la suprema Corte, interpellata circa la costituzionalità di alcuni articoli del Codice dell’ingresso e del soggiorno degli stranieri e del diritto d’asilo (Ceseda), ha ritenuto che questo complesso di norme sia da rivedere perché «non rispetta il necessario equilibrio tra il principio di fraternità e la salvaguardia dell’ordine pubblico».
Ai principi costituzionali «non c’è maggioranza elettorale e parlamentare che si possa opporre, imponendo leggi che li neghino», ha scritto commentando la sentenza l’ex presidente della nostra Corte Costituzionale, Gustavo Zagrebelsky, ricordandoci anche che «gli Stati democratici dividono il potere, istituiscono giudici a garanzia dei fondamenti costituzionali e assicurano l’indipendenza dei giudici – costituzionali e comuni – proprio perché essi possano giudicare e annullare le leggi approvate dalla maggioranza politica».
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