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17 Luglio 2018 - 11:56
Giosuè Carducci lo definì «Edmondo de’ languori». Umberto Eco lo tacciò di «sociologia fasulla». Nelle sue opere, a detta dei critici più implacabili, si riscontrano gusto del macabro, retorica nazionalistica, difesa delle disuguaglianze sociali, addirittura sadismo. Però, a centodieci anni esatti dalla morte, i suoi libri continuano a vendersi molto bene.
Strano destino, quello di Edmondo De Amicis, deceduto a Bordighera l’11 marzo 1908. Allora persino gli abitanti di un modesto centro come Settimo Torinese si dissero profondamente addolorati per la perdita del popolare scrittore e vollero associarsi al lutto. C’è di che meravigliarsi? No, perché nelle opere di De Amicis ben poteva rispecchiarsi la parte più evoluta della società locale, quella che auspicava l’integrazione fra i diversi ceti attraverso un ampio processo educativo, sulla base di una scuola aperta al popolo e alla borghesia.
Era il periodo in cui si esaltavano le glorie del Risorgi¬mento nazionale. Ogni anno si festeggiava solennemente la ricorrenza dello Statuto albertino. Riuniti in associazione, i reduci delle guerre d’indipendenza andavano fieri dei loro trascorsi militari. In paese era attiva una forte Società operaia di mutuo soccorso, costituitasi nel 1852, a soli quattro anni dalla promulgazione dello Statuto che aveva favorito, riconoscendo il diritto di riunione, la nascita del mutualismo in Piemonte. È noto che Edmondo De Amicis nutrì una solidarietà di tipo paternalistico e pedagogico per le classi lavoratrici e fu un convinto assertore dell’associazionismo operaio. Erano pure gli anni nei quali si diffondevano, fra la gente di Settimo, le idee socialiste, a cui aveva aderito lo stesso De Amicis, divenendo un esponente di spicco – insieme ad Arturo Graf, Giuseppe Giacosa, Giovanni Camerana e altri – di quella corrente che è detta «umanitaria e sentimentale».
Da Bordighera, nel 1908, la salma di Edmondo De Amicis fu trasportata nel capoluogo piemontese per i funerali. Ricorda Carola Prosperi: «Dietro il feretro c’era tutta Torino che piangeva, l’indomani non si trovava più un fiore in tutta la città. Erano tutti sulla sua tomba». Il consiglio comunale di Settimo, interpretando i sentimenti della popolazione, espresse il più sincero cordoglio per la scomparsa dello scrittore. «Con animo vivamente commosso – si legge nel messaggio indirizzato al sindaco del capoluogo su¬balpino, il 26 marzo, dal consigliere Domenico Aragno – adempio al voto, ieri emesso da questo consiglio comunale, inviando alla nobile città di Torino, che ne fu patria adottiva, i sentimenti di vivo compianto di tutta la popolazione per la morte di Edmondo De Amicis, sublime esempio di bontà e di carattere, maestro e guida dell’anima popolare. Voglia, illustrissimo signor sindaco, accogliere l’espressione di questi nostri sentimenti e i miei più distinti ossequi».
Il 5 aprile, per iniziativa della giunta municipale, col contributo della Società di mutuo soccorso e della sezione del Partito socialista, De Amicis venne solennemente commemorato anche a Settimo. Oratore ufficiale fu il maestro Giovanni Tessa che aveva conosciuto personalmente lo scrittore. Tessa – rileva una cronaca del tempo – «ebbe parole scultorie, degne di un animo sincero di insegnante, amante degli scolaretti e degli operai, i figli adottivi del gran scomparso».
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