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02 Maggio 2018 - 12:01
La premessa è che non mi reputo un bacchettone. O meglio, pur avendo dei principi morali, come tutti, penso di essere persona sufficientemente tollerante e comprensiva. La tolleranza l’ho imparata osservando quanta pazienza ci mettono le persone che mi vogliono bene a sopportarmi e la comprensione ho avuto modo di assimilarla vedendo quante volte la vita, beffarda, ci pone nei panni di persone che fino ad un attimo prima avevamo criticato o da cui, indignati, avevamo preso le distanze. Alla luce di tutto ciò, illuminato dal sano principio del “vivi e lascia vivere”, affermo con certezza di non essere assolutamente infastidito da coppie gay o lesbiche, e ci mancherebbe pure. E’ vero, non sopporto l’ostentazione, ma in generale. Voglio dire, trovo un po’ buffi i macho palestrati che vanno a caccia di femmine con le canottierine bianche attillate che mio papà metteva per andare in spiaggia negli anni settanta e, allo stesso modo, non capisco perché alcuni gay debbano parlare come vecchie zitelle stizzite.
Conosco coppie gay di ragazzi che si amano sinceramente, senza bisogno di vestirsi con giubbotti smanicati di pelle, coperti di borchie. E in loro compagnia si sta bene, così come si può star bene con quelle coppie etero che non passano la serata a sussurrarsi dolcezze nelle orecchie tra sorrisini complici che ti fanno sentire fuori posto. Ma veniamo al sodo.
Su Facebook ho letto ieri di un asilo romano che avrebbe abolito la festa della mamma e del papà per non discriminare i bambini con genitori dello stesso sesso. Ecco, al netto di tutta la mia tolleranza, questa iniziativa mi sembra un’autentica scemenza. E lo dico senza voler entrare nel merito della questione se sia giusto o meno affidare un bambino ad una coppia omosessuale, tanto sarebbe come parlare di Inter Juve. Il punto è che i ruoli di madre e padre, intesi nel senso letterale del termine, esistono a prescindere dai nostri princìpi. Madre è colei che ci ha portato nel grembo per nove mesi. Padre è colui che ha contribuito ad originare la nostra vita in quel ventre. Nessuno li può cancellare.
Sostituire la festa della mamma, o del papà, con la festa della famiglia non è la stessa cosa. I bambini possono crescere sani anche in famiglie che non sono quelle d’origine, e qui penso alle famiglie adottive o affidatarie, ma madre e padre sono due figure che, ci piaccia o no, hanno un ruolo delegato loro dalla natura.
Capisco la difficoltà di dover spiegare ad un bambino il motivo per cui lui a casa ha due genitori dello stesso sesso, ma non è negando la realtà che li aiutiamo ad accettare la situazione.
Non credo che nelle classi dove vi sono bambini adottati o in affido si impedisca agli altri di festeggiare i loro genitori naturali. I bambini capiscono perfettamente le situazioni, basta spiegargliele con responsabilità, con i modi giusti e con tanto coraggio. I problemi ce li facciamo noi, non loro. E allora, impedire a qualcuno di festeggiare mamma e papà, mi sembra che, più che un modo per tutelare i “figli” di coppie omosessuali, sia piuttosto un modo per salvaguardare il nostro egoismo: quello di noi maschi che vorremmo essere madri e di noi donne che vorremmo essere padri. Prima ancora di essere famiglia.
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