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CHIVASSO. Noi a discutere della città mentre l’Italia esce dal Mondiale...

CHIVASSO. Noi a discutere della città mentre l’Italia esce dal Mondiale...

È la sera di lunedì 13 novembre. Sembrerebbe una sera qualsiasi, una delle tante anonime sere novembrine da divano e copertina. Invece è la notte dell’Apocalisse. Mentre nella sala consiliare, pressoché deserta, di Palazzo Santa Chiara intrepidi eroi discutono di linee programmatiche di governo della Città, roba da niente, nei salotti di milioni di Italiani si trepida per la Nazionale di calcio impegnata a guadagnarsi un posto al mondiale. E vuoi mettere. In gioco non solo onore e orgoglio nazionali, ma, soprattutto, un mese di entusiasmanti serate estive da passare con gli amici, in un delirio di birre e patatine e  di clacson a tutto volume.  Sotto lo sguardo severo dell’arbitro, pardon del Presidente del Consiglio, la minoranza attacca. Secondo schemi provati più e più volte, cerca di insinuarsi tra le pieghe del programma della maggioranza per cercarne qualche punto debole. Ci provano anche gli attaccanti azzurri, ma la difesa dei marcantoni svedesi sembra compatta, come la nostra Giunta, anzi forse anche un po’ di più. Il tempo passa. Gli azzurri protestano con l’arbitro, proprio mentre Doria e colleghi punzecchiano Pipino sull’applicazione del regolamento comunale. Niente da fare. Occorre buttare il cuore oltre l’ostacolo. Ci prova Giovanni Scinica, con un interessante intervento su come Chivasso lo ha accolto quando è arrivato, più o meno negli anni in cui la Nazionale restava fuori dal mondiale per la prima volta nella sua storia. Qualcuno sonnecchia, proprio come qualche centrocampista azzurro. Forse ci vorrebbe un cambio. L’impeto dei nostri calciatori inizia a scemare. I loro sguardi increduli, persi nel vuoto, sono gli stessi dei consiglieri che ascoltano la raffica di delibere tecniche sulla permuta di terreni. La rassegnazione comincia a farsi strada. Gli eroi del Consiglio guardano sempre più spesso l’orologio, proprio come Mister Ventura, seppur con sensazioni e desideri opposti. Quando l’arbitro, quello vero, fischia la fine, scoppia il dramma. Sui social la Nazione si spacca subito in due partiti dai programmi opposti. Quello di maggioranza vorrebbe crocifiggere l’allenatore; la minoranza tocca a quelli che ritengono che i veri problemi del mondo siano altri, ma sono indeboliti al loro interno dalla frangia radicale di coloro che al calcio, roba da zotici, preferiscono il cineforum sul cinema polacco. Quando Pipino dichiara chiusa la seduta ce ne andiamo anche noi a casa. Mentre sfido il freddo, mi viene da pensare che in fondo il calcio è un gioco e che vincere o perdere dipende da tanti fattori; non solo dall’allenatore. Mi verrebbe da dire a Facebook che le cifre milionarie, di per sé, non garantiscono la superiorità su un avversario. Ma poi mi rendo conto che sarei di nuovo in minoranza e allora lascio perdere. Per oggi mi basta così.

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