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CHIVASSO. ‘Ndrangheta: un po’ di trasparenza

CHIVASSO. ‘Ndrangheta: un po’ di trasparenza

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Nel giugno 2011 Claudio Castello fu eletto consigliere nelle elezioni vinte dal centrosinistra. Candidato sindaco era Gianni De Mori. In quel giugno 2011 il centrosinistra vinse dopo essersi alleato con la lista di un partito, l’UDC, nel quale militava in qualità di dirigente locale Bruno Trunfio, che anni prima era stato per breve tempo assessore in un’amministrazione Fluttero. Pochi giorni dopo le elezioni Trunfio fu arrestato nell’ambito dell’operazione “Minotauro”: nel maggio 2016 è stato condannato a otto anni di carcere nel terzo grado di giudizio. 

Le condanne a Trunfio non riguardano le elezioni chivassesi: si riferiscono ad altre attività dell’imputato. Inoltre, nessun politico, amministratore, consigliere chivassese fu coinvolto nell’inchiesta, tantomeno Castello. Nelle ordinanze della magistratura, in particolare in quella della “Colpo di Coda”, sono tuttavia riferiti alcuni colloqui, o una parte dei medesimi, riguardanti le trattative che condussero all’alleanza con l’UDC. Giornali locali e semplici cittadini hanno posto più volte la questione seguente: pur non essendo stati toccati dalle indagini, gli eletti di centrosinistra del 2011 dovevano dimettersi? Tornarono a porsi la domanda quando alcuni di loro furono o rieletti nelle elezioni del 2012 o andarono a occupare la carica di assessore: anche Claudio Castello, che è stato titolare della delega ai lavori pubblici nel successivo quinquennio.  Non solo Castello, ma anche altri consiglieri eletti nel 2011 e assessori allora nominati sono tornati in consiglio comunale e in giunta in seguito alle elezioni del 25 giugno.

Ora, lasciamo pure da parte la questione delle dimissioni. In fondo, alla maggioranza dei chivassesi sembra non importare nulla di quell’episodio. Non gliene è fregato nulla dal 2011 in avanti. Non mi pare che sia importato molto nemmeno alla minoranza consiliare e ai loro partiti. Sono questioni delle quali è meglio tacere e dimenticare, no? E poi, che sarà mai? Sono cose che succedono. Non è mica cascato il mondo! Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scurdammoce o passato. Tuttavia, ciò che avremmo voluto da Castello e dagli altri in tutti questi anni è un gesto di trasparenza e lealtà nei confronti dei chivassesi: semplicemente raccontare pubblicamente, ad esempio in un consiglio comunale aperto agli interventi del pubblico, come andarono le cose. Avremmo voluto sentirlo da loro, non leggerlo soltanto negli atti della magistratura e negli articoli dei giornali.  Immagino ciò che avrebbero detto: non sapevamo, non potevamo saperlo. Come ha fatto Gianni Pipino in un’intervista rilasciata due anni fa a questo giornale. Però già nel 2010 La Voce aveva pubblicato un dossier ricavato dagli atti dell’inchiesta “Crimine” della Procura della Repubblica di Milano: in quel dossier Chivasso c’era. La classe politica chivassese avrebbe potuto, se avesse voluto, leggerselo attentamente. Comunque sia sarebbe stato utile, e lo sarebbe ancora, sentire da loro, dai protagonisti politici di quelle elezioni del 2011, tra i quali Castello, il racconto degli eventi. Utile a ricordare ai chivassesi cosa e come avvennero i fatti. Utile a rammentare i pericoli che si corrono nelle campagne elettorali. Utile come ammonimento ai politici, ai partiti, ai candidati a prestare maggior attenzione la prossima volta. Utile a ricordare che la criminalità esiste e tenta di influenzare le elezioni e le decisioni politiche, e spesso ci riesce. Forse sarebbe stata, a sarebbe ancora, un’occasione per Castello e gli altri per scusarsi dell’accaduto e per promettere che la prossima volta, se si sarà, si dimetteranno.

La criminalità organizzata esiste e sempre più cerca di influenzare elezioni e decisioni politiche, soprattutto quelle locali: lo ha scritto allarmata la Direzione Nazionale Antimafia nella relazione presentata pochi giorni fa alla presenza dell’onorevole Rosi Bindi, presidente della Commissione parlamentare antimafia.

A Chivasso invece la politica ha preferito non parlarne. Tacere. Far finta di nulla. Anche se inconsapevolmente, un servizio alla mafia. Poi non lamentiamoci della sua enorme diffusione nel nostro paese. Claudio Castello avrà presto molte occasioni per rimediare a quella “dimenticanza”, a cominciare dal discorso di insediamento che tra pochi giorni pronuncerà davanti al nuovo consiglio comunale. E le minoranze avranno l’occasione per chiederglielo, se vogliono farlo. Vedremo.

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