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19 Novembre 2016 - 08:15
Otto famiglie, circa 25 persone, vivono da 15 anni a pochi metri da un grande allevamento di polli. Succede a Chivasso in via Neirole, quasi al confine con Verolengo. L’abitazione più vicina si trova a 16 metri. Accanto ce n’è una a 25. Altre sono a pochi metri più in là.
Da quindici anni convivono con una puzza a volte insopportabile, con le mosche, con il rumore degli autocarri che caricano i polli di notte, dall’una o dalle due fino al mattino, quando i residenti dovrebbero poter dormire visto che poi vanno al lavoro. Gli autocarri scassano la stradina che porta dalla circonvallazione di Verolengo alle loro case e che è l’unica via di accesso al piccolo abitato. A pochi metri ci sono le coperture di cemento amianto dei quattro grandi capannoni dell’allevamento. C’è addirittura una tettoia di eternit in evidenti condizioni di degrado a pochi centimetri dall’abitazione più vicina, praticamente sotto le finestre.
Per immaginare le condizioni in cui 25 persone, non solo adulti ma anche bambini, vivono nella civile Chivasso, leggiamo il testo delle linee guida regionali che ci portano in redazione: “Gli allevamenti sono classificati dalla normativa (T.U.L.S. 27 luglio 1934, n. 1265) come industrie insalubri di prima classe, pertanto devono essere isolati nelle campagne e tenuti lontano dalle abitazioni”. Quanto lontano? Il piano regolatore di Chivasso stabilisce 800 metri, quello recentemente approvato a Mazzè 1.000 metri. Invece in via Neirole i metri sono 16 poi 25 poi poco più.
Chi ha autorizzato l’allevamento? La Provincia di Torino. L’autorizzazione è stata prorogata nel luglio 2015, quando le linee guida regionali erano già state emanate da cinque anni. La Provincia doveva tenerne conto? Doveva negare la proroga? Il Comune non doveva rilasciare l’eventuale permesso di costruire? L’ASL doveva esprimere parere contrario?
In ogni caso le linee guida elencano gli interventi opportuni per ridurre l’impatto su chi abita vicino: barriere “verdi” contro il rumore e gli odori, piani di lotta preventiva contro gli insetti, come le mosche e le blatte, ecc. Ma sul posto non si vede alcuna barriera protettiva. La cosiddetta puzza non comporta “solo” un fastidio talvolta intollerabile: le linee guida avvertono che le sostanze odorigene associate alla zootecnia contengono composti dell’azoto (ammoniaca ed ammine), acidi grassi volatili, composti dell’azoto organici e inorganici (idrogeno solforato, dimetil solfuro, mercaptani), aldeidi (formaldeide, acetaldeide, butanale), ecc.
I venticinque chivassesi vivono nella civile Chivasso nella quasi indifferenza delle autorità. In quindici anni hanno scritto al Comune, all’ASL, all’ARPA, ai Carabinieri del NAS, alla Procura della Repubblica. Fino a pochi mesi fa i risultati sono stati pari a zero. Poi l’anno scorso nell’allevamento è accaduto qualcosa. È intervenuta l’ASL. Abbiamo chiesto all’azienda sanitaria copia del verbale e dei provvedimenti assunti. Non ce li hanno mandati. Ci hanno inviato solo un esile comunicato: nell’allevamento si è verificato “un guasto accidentale all’impianto elettrico, che provvedeva alla ventilazione dei locali, causando come conseguenza la morte di numerosi polli… pertanto, sono state impartite prescrizioni per evitare il ripetersi del guasto”. Sarà, ma noi avevamo chiesto la documentazione originale e la stiamo ancora aspettando.
L’ASL ha inoltre comunicato al Comune l’esistenza delle coperture in amianto. Il Comune non ha avuto fretta e ci ha messo più di un anno per approvare il cronoprogramma di rimozione e smaltimento: nel documento si parla di tre capannoni, mentre sono quattro, e non si fa cenno alla tettoia a pochi centimetri dalla casa più vicina. E soprattutto si concede alla proprietà ben tre anni di tempo, fino alla fine del 2019, per portare a termine la bonifica.
L’attività di allevamento era cessata alla fine dell’anno scorso, ma i residenti ci dicono che sta per ricominciare: loro non ne possono più, le autorità non sappiamo. Dov’è finito l’assessore all’ambiente Massimo Corcione?
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