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26 Ottobre 2016 - 08:05
Lc 18, 9 - 14
Il guaio di sentirsi giusti
Nel rapporto con Dio portiamo la nostra faccia: quello che immaginiamo di essere noi rispetto a Lui e al prossimo.
E’ certo che Dio gradisce il nostro impegno, il nostro spirito di giustizia.
Ma ci chiede, usandoci non a caso misericordia e perdono, di riflettere sul nostro sentirci giusti. La buona relazione con Lui e i fratelli diventa un triangolo irregolare se io sono il giusto. Allora devo pretendere obbedienza dai fratelli, e ottenere da Dio quello che mi sono meritato. Così Dio diventa una bella statuina. E perde di significato l’aver dato tutta la sua vita per me, per giustificarmi.
Come perde di significato l’urgenza del cambiare vita, della conversione, perché siamo già al top.
Un’umile e sincera autocritica ci fa toccare con mano che siamo piccoli e poveri di fronte a quel metro di paragone che è Gesù di Nazaret. La sua vita, la sua capacità di amare per donarsi a tutti, ci supera oltre modo, ma non ci umilia. Ci dà invece la grazia e la forza di fare altrettanto senza ragioni di convenienza.
Allora comprendiamo che senza il sacrificio di Cristo manco avremmo saputo di dirigerci verso Dio e i fratelli in modo il più possibile disinteressato. Ma per questo sentiero di giustizia non basta una vita, ci vuole il sale della grazia divina.
pace e bene
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