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22 Luglio 2016 - 09:00
Il sindaco di Casalborgone, Francesco Cavallero
Un vecchio politico usava dire “a pensar male si fa peccato, ma spesso si indovina”. I casalborgonesi hanno imparato a proprie spese che, quando i parla di SIC la fregatura è dietro l'angolo. Facciamo un po di storia, tutto è partito dal progetto “Corona Verde”, gli Amministratori di allora parlavano di grandi vantaggi per il territorio, una pioggia di contributi per tutti, e invece? Soldi i proprietari dei fondi non ne hanno mai visti, in compenso sono nati vincoli e divieti. Si è cominciato con il vietare le attività storiche del territorio come il trial. Ai “potenti della Giunta Regionale” non interessava se il trial era una risorsa economica per il territorio, ma neanche interessava sapere che proprio i trialisti erano i primi a preoccuparsi di salvaguardare e mantenere inalterata quella parte di bosco, che per le sue caratteristiche naturali attirava appassionati anche da oltr'alpe. Erano loro che curarvano e mantenevano puliti i sentieri, non solo, versavano anche un contributo alle casse comunali. Poi si è passati con l'istituzione del SIC, una “sorpresa” per tutti. Gli Amministratori Pubblici, locali e regionali, cascano dal pero, non sanno nulla, si trincerano con il: “lo impone l'Europa”, ma poi assicurano, il “SIC è una fortuna, porterà tanti soldi al territorio”. Per il momento nessuno ha visto un centesimo, almeno tra i proprietari. Certo è che altri di soldi ne hanno visti tanti. Come l'Ente Parco, con il progetto bosco da seme, che ha coinvolto anche il “Bosco delle Quaglie”, datogli in comdato d'uso gratuito dall'amministrazione Chiapino, di cui Cavallero era assesore al bilancio. Interventi mai effettuati, ma che hanno portato molti soldi nelle casse dell'Ente Parco e solo disagi ai casalborgonesi. Appena concluso il progetto “Bosco da seme” arriva il Sindaco Cavallero che fiuta il “businnes”, 70.000 euro di contributo regionale per convertire il bosco delle quaglie da bosco da seme, progetto appena finanziato, a fustaia. Per Cavallero è irrilevante che il Comune abbia dovuto cofinanziare con oltre 11.000 euro dei casalborgonesi, e che tutti quei soldi siano finiti tutti, nell'affidamento diretto, quindi senza un bando pubblico, ad un agronomo forestale di Chieri per la progettazione e a un'associazione temporanea di imprese di Casalborgone per l'esecuzione dei lavori. Anche in questo caso tutti i contribuenti casalborgonesi ci hanno rimesso. Poi arriva il regolamento di gestione del SIC. Un documento di oltre 700 pagine, che Cavallero ha avvallato, senza chiedere nulla ai cittadini e probabilmente anche senza leggerlo. Mica poteva immaginare che il regolamento disponesse anche cosa si può coltivare. Tanto che, per l'Ente Parco, non si può seminare la lavanda, nemmeno se il progetto è stato approvato e finanziato dalla “Comunità Europea”. La lavanda non è una pianta autoctona qundi non si deve coltivare. Ma non finisce qui, l'Ente Parco candida il territorio a “patrimonio UNESCO”.
Cavallero cosa fa? Sente i proprietari? Neanche per sogno, fa deliberare in Consiglio Comunale un documento di adesione al progetto, dando così in modo “esplicito” carta bianca all'Ente Parco di scrivere un regolamento a suo uso e consumo, impegnando il Comune ad adottarlo, senza nemmeno conoscerne i contenuti. Insomma una cambiale in bianco che pagheranno i casalborgonesi. Evidentemente Cavallero, sghignazzando sotto i baffi, si è convinto che i casalborgonesi siano talmente “fessi” da cadere in qualsiasi trappola. Ebbene questa volta dice “i soldi la Regione li ha messi”. Le aziende agricole che hanno dei boschi nel SIC possono ottenere un indennizzo per mancato reddito. Per la prima volta si parla di un indennizzo quindi di un danno arrecato dal SIC ai proprietari, la Regione è pronta a indennizzare, ma non tutti, o meglio, di fatto nessuno, visto che a seconda della tipologia di bosco l'indennità può variare da 0,002 a 0,004 euro per metro quadro a condizione che, l'azienda agricola abbia una quantità di bosco tale da avere diritto almeno a 500 euro. In pratica per accedere occorrono 25 ettari di bosco iscritti nell'azienda agricola. Quindi, proprio nessuno potrà incassare. Ma Cavallero che è una “vecchia volpe”, come al solito la strada l'ha trovata, con la complicità della presidente locale di Coldiretti Ornella Cravero. Sindaco e Coldiretti di Casalborgone hanno deciso di costituire un'associazione alla quale tutti i proprietari di fondi, che siano aziende agricole o meno, potranno, udite udite, dare in comodato d'uso gratuito i propri terreni all'associazione. Associazione di cui farà parte anche il Comune con i suoi 11 ettari del bosco delle quaglie, terreno già plurifinanziato dalla Regione, e che stando ai principi che regolano la concessione di contributi non potrebbe essere ulteriormente indennizzato, ma evidentemente certi “santi in paradiso” possono fare mircoli. Cavallero ci crede talmente tanto che gioedì prossimo lo statuto, dell'associazione ancora inesistente, sarà approvato in Consiglio Comunale e sarà dato mandato al Sindaco di adreirvi. Con questo sistema secondo Ornella Cravero e Francesco Cavallero, i proprietari dei terreni, potranno recuperare qualche euro, dedotte le spese di registrazine del comodato e di istruzione della pratica.
Ma si omette di dire che, se un'azienda agricola cede in comodato d'uso gratuito un terreno ad un altro soggetto, quel terreno non può più essere parte della stessa impresa, quindi per cinque anni l'impresa non lo potrà più iscrivere, ma non solo, nemmeno i privati potranno più tagliare la legna per uso personale, perchè quel terreno non è più disponibile, in quanto concesso in comodato d'uso ad altri. Ma non finisce qui, nei cinque anni che verranno, i terreni saranno gestiti dal beneficiario del comodato, che potrà disporne come meglio crede, anche partecipando ad altri bandi ed incassare i contributi, magari analoghi a quello già utilizzato per il bosco delle quaglie e trasformare, tutto in fustaia, senza che nessuno possa più pretendere nulla. Quello che invece Cavallero e la Coldiretti sanno bene, ma non dicono, che questo indennizzo,oltre a mettere una pietra tombale su qualsiasi pretesa dei proprietari, vincola anche ad azioni ben precise, come ad esempio quella di obbligare, da ora in poi, all'eliminazione di tutta quella vegetazione che autoctona non è. Anche in questo caso le eccezzioni ci sono, visto che la “Ro Verda” autoctona non è.
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